«Sono così fiera di lui. È così buono, gentile e comprensivo ed è un vero conforto per me» La Regina Vittoria
Poche volte nella letteratura capita di imbattersi in un libro di gradevole lettura, ben documentato, che abbia come protagonista un personaggio storico di grande levatura tanto da segnare un’epoca, la regina Vittoria e saperne cogliere gli aspetti della personalità umani e fragili ripuliti dalle incrostazioni del tempo e da una sorta di timore reverenziale che si deve a una sovrana con quasi un miliardo di sudditi.
È quanto accade nel romanzo Vittoria e Abdul della scrittrice indiana Sharabani Basu, Ed. Piemme, pag.309 da cui è stato tratto il bellissimo film del 2017di Stephen Frears con il Premio Oscar Judy Dench e Ali Fazal. Per la verità la grande attrice inglese aveva già ricoperto lo stesso ruolo nel 1997 nel film La mia regina di John Madden ricevendo numerosi consensi di pubblico e critica nonché una candidatura all’Oscar come migliore attrice protagonista.
Nel 1887 il ventiquattrenne Abdul Karim lascia la sua città natale Agra e giunge alla corte della Regina Vittoria come dono dell’India per il Giubileo della sovrana ormai anziana e triste per la morte del marito Alberto e del suo amante John Brown. In poco tempo Abdul da servitore ne diventa attendente, Munshi (insegnante di lingua urdu), consigliere ed amico. La popolarità e i privilegi di cui gode agli occhi della corte non mancano di scatenare invidie, risentimenti, ostilità soprattutto da parte dei familiari della regina che alla sua morte lo cacceranno dall’Inghilterra senza tante cerimonie e lo rispediranno in India.
Il romanzo racconta dettagliatamente il rapporto tra la Qeen Vittoria e Abdul, ricostruendone la storia attraverso documenti ufficiali, lettere, articoli di quotidiani e periodici e diari redatti dagli stessi protagonisti. Le personalità di entrambi vengono restituite alla storia con una sorprendente dovizia di particolari ed il lettore può inoltre avere informazioni sulla vita di corte e le stravaganze della sua rigida etichetta e su personaggi famosi e non che ne hanno fatto parte. Ecco ad esempio come il The Times descrive il Munshi in un articolo datato 19 dicembre 1985: «È alto circa un metro e ottanta, parla un inglese sgrammaticato con una voce melodiosa che potrebbe ammansire i leoni e mettere a tacere le tigri. Ha una posizione elevata e si rende pienamente conto della propria importanza perché è l’unico membro dello staff personale della regina a cui sia concesso di viaggiare in modo semiregale». (pag.203)
Il sentimento che spinge Vittoria a tenere a corte Abdul nasce da un profondo senso materno e dalla solitudine a cui i grandi della storia sono condannati. Abdul invece, pur mostrando un affetto incondizionato per la regina basato sulla sua fedeltà di suddito, è consapevole dell’influenza che esercita sulla sovrana tanto da ricavarne prestigio personale e ricche prebende per sé e la sua famiglia.
È interessante addentrarsi nelle descrizioni degli ambienti che fanno da sfondo alla vicenda, dal castello di Balmoral a Windsor, da Buckingham Palace alla Osborne House, la residenza preferita della Regina Vittoria che governò per ben 63 anni, dalla città natale di Abdul Agra alla Round Tower dove si conservano i quaderni in indostano della regina. Il libro è corredato dal suo albero genealogico, da una piantina dell’India e della Gran Bretagna e dalla lista di tutti personaggi che compaiono nel romanzo da quelli della Famiglia Reale e di Abdul Karim a quelli dell’entourage e vengono specificati altresì i nomi dei Vicerè e dei Segretari di Stato indiani in ordine cronologico e quelli dei tre Primi Ministri del Parlamento inglese in epoca vittoriana.
I libri, i film e gli articoli che riguardano la regina Vittoria riescono sempre ad interessare i lettori e gli storici e a questa logica non sfugge il romanzo di Sharabani Basu. I due protagonisti ci vengono mostrati vivi nei pensieri e nelle azioni con tutte le sfumature dei loro sentimenti. Anche quando la corte si oppone e cospira contro Abdul, la regina lo difende a spada tratta e anzi accusa di razzismo tutti coloro che provano “inimicizia nei confronti di un pover’uomo che non ha fatto male a nessuno,non ha interferito con nessuno…Sempre di più il complotto della gelosia inglese e indiana dimostra che storie del tutto prive di fondamento sono state inventate e ripetute solo per dispetto e gelosia e che sono state credute vere una quantità di bugie alle quali bisogna mettere fine”. (pag 255) Nelle lettere di Abdul prevalgono sentimenti di riconoscenza nei confronti della regina e terminano quasi sempre con preghiere ad Allah affinchè le conservi salute e prosperità.
Come nostra abitudine, ormai consolidata, per invogliarvi alla lettura trascriviamo alcuni periodi dell’introduzione: «Il re (Edoardo VII) consentì ad Abdul Karim di entrare nella camera da letto della regina. Sarebbe stata l’ultima persona a restare da sola in presenza della sovrana defunta. Il volto del Munshi era segnato dall’emozione mentre guardava la regina priva di vita, il viso illuminato dalla luce delle candele. Quella donna aveva dato a lui, umile servitore, più di un decennio di amore e di rispetto indiscussi. Abdul ripensò agli anni trascorsi in sua compagnia: il loro primo incontro a Windsor, nell’estate del 1887, quando si era chinato per baciarle il piede, le giornate oziose trascorse insieme, quando le insegnava la sua lingua e le descriveva il suo Paese, i pettegolezzi che si scambiavano, la generosità nei suoi confronti e la solitudine che lui comprendeva…». (pag 22) Il re, senza volerlo, aveva scritto il finale perfetto della storia!
Sharabani Basu è nata a Calcutta nel 1950. Dopo la laurea in storia presa all’Università di Nuova Delhi, inizia a lavorare come giornalista per The Times of India a Bombay. Dal 1987 vive a Londra con le sue figlie Sanchita e Tanaya a cui è dedicato il romanzo, collaborando con il prestigioso The Telegraph occupandosi di interviste. Ha scritto altri libri coniugando giornalismo e storia. Ricordiamo: For King and Another Country: Indian Soldiers on the Western Front 1914-18 e Curry in the Crow: the story of Britain’s Favourite Dish che devono ancora essere tradotti in italiano.