Vincenzo Pirozzi, noto regista napoletano, si racconta dagli esordi agli impegni contemporanei. Come hai cominciato a dedicarti all’arte?
Da piccolissimo sono sempre stato affascinato dalla recitazione, al teatro e al cinema. Un giorno lo zio di un mio carissimo amico mi invitò a casa loro a vedere C’era una volta in America. Ne rimasi folgorato. È da quel momento mi promisi di intraprendere quella strada. Ho iniziato a muovere i primi passi nella recitazione nella parrocchia che frequentavo fino a quando non ho avuto la fortuna di incontrare Antonio Capuano, che mi ha introdotto nel mondo del cinema. Poi ho studiato recitazione, regia e sceneggiatura ed ora eccomi qui….
Il tuo impegno per la Sanità è risaputo, come rispondono i ragazzi del quartiere?
Ho cominciato a dedicarmi ai ragazzi e al sociale tantissimo tempo fa quando il mio quartiere viveva ancora di degrado e violenza. All’epoca riuscimmo a coinvolgere 146 ragazzi di varie fascia d’età e li abbiamo introdotti nel mondo della recitazione e della danza. Ad oggi nessuno di quelli vive di criminalità, anzi, parecchi sono cresciuti e continuano il percorso artistico e sociale nel quartiere coinvolgendo i ragazzini. Quest’anno insieme al Mercadante di Napoli e ad altri colleghi faremo un laboratorio teatrale per le donne dell’associazione forti guerriere che si trova proprio nel quartiere Sanità. Sarà un percorso lungo e concluderemo con uno spettacolo teatrale fatto nel teatro San Ferdinando.
Sei uno dei registi di Un posto al sole, come hai cominciato e come ti trovi?
Ho cominciato a lavorare per UPAS nel 1997, all’epoca stavo ancora studiando. Recitai in alcuni episodi dell’epoca e sono ritornato poi da attore nel 2001. Nel frattempo, finito gli studi di regia, ho cominciato un periodo di stage con loro e tra il 2006 e il 2007 ho sostituito per alcuni mesi l’aiuto regista della soap (lui era impegnato sul set di un posto al sole estate). L’anno successivo ho cominciato a dirigere alcuni episodi ed oggi continuo a farlo. Un posto al sole per me e famiglia, sono ormai 15 anni che ricordo il ruolo da regista e prima ancora da attore. Con gli attori, la produzione, gli altri registi ho un rapporto straordinario fatto di grande fiducia, rispetto e stima.
Che tipo di regista sei?
Sono un regista che ama lavorare sulle emozioni; sulle gioie e sugli enormi drammi che ognuno tiene nascosto dentro, io li scovo e li aiuto a tirarli fuori. Amo lavorare sulla vera identità della persona e far sì che l’attore si appropri del personaggio e riesca a far sue le difficoltà, le paure, le gioie e le Vittorie.
Hai firmato regie per il teatro in cui hai adattato Shakespeare, come hai trattato la sua estrema attualità?
Confrontarsi con il drammaturgo più grande di tutti i tempi è estremamente complicato. Riadattare Shakespeare è stata la cosa più complicata che mi è potuto capitare fino ad oggi. Però era talmente bello e affascinante portarlo in scena mettendoci del mio che non ho resistito. Paradossalmente Shakespeare e l’autore più moderno di tutti, i suoi scritti sono attualissimi e sembrano scatti scritti l’altro giorno. Io ho semplicemente immaginato di prendere le sue storie e adattarle alle vicende attuali.
Per il cinema a cosa stai lavorando?
Sto ultimando il montaggio del mio terzo film Il peso esatto del Vuoto con protagonisti Cristina Donadio e Peppe Servillo e con altrettanti bravi attori come Marianna Robustelli, Gianni Sallustro, Pina di Gennaro e Massimo De Matteo, un film che ho finito di girare quasi due anni fa nel periodo di piena pandemia. Mentre su Amazon Prime da aprile scorso c’è il mio secondo film: Dove si ferma il tempo.
Che rapporto hai con i tuoi attori?
Cerco sempre di instaurare un rapporto viscerale con loro nel momento che lavoriamo insieme. Cerco sempre di non generare conflitti. Sono del parere che più c’è armonia in un gruppo di lavoro e più facilmente si può raggiungere il proprio scopo. Sono un regista maniacale, convinto di ciò che sta facendo e soprattutto sa come e dove vuole raggiungere il proprio intento.
Tuo figlio sta avendo un grande successo per mare fuori ed altro come vivi il suo essere attore?
Sono molto contento ed emozionato e vivo i suoi successi con una gioia spropositata ancor più forte di come la vivessi per me stesso. Allo stesso tempo però io e mia moglie cerchiamo di tutelarlo e di fargli vivere tutto questo in modo ovattato per non fargli accusare il colpo del periodo di Stasi. Con Giuseppe ho un rapporto speciale, lui per questo mestiere ha una passione smisurata, studia e suda per perfezionarsi ed io lo aiuto. Ma in primis io sono suo padre e voglio essere tale.