Solare e sempre sorridente, Valentina Ghetti, conosciuta al grande pubblico grazie ai programmi “Eccezionale veramente” e “Colorado”, si cimenta nel ruolo di una professoressa seriosa e un po’ antipatica. L’attrice sarà infatti una delle protagoniste di “Classe Zeta”, il nuovo film di Guido Chiesa, nelle sale dal 30 marzo. Valentina sarà la professoressa Bonelli, docente di matematica. Ferrea, severa, probabilmente una di quelle che rovesciano i propri fallimenti e le non realizzazioni sugli alunni. Fa parte del collegio docenti della Commissione di valutazione dei ragazzi (che dovrà dar conto dell’operato al commissario esterno, Antonio Catania), capitanata dal preside, Alessandro Preziosi.
Dal 30 marzo sarai al cinema con “Classe zeta” nei panni di una professoressa un po’ antipatica. Parlaci meglio del tuo personaggio.
«Mi sono ispirata a tutte le professoresse che ho odiato nel corso degli anni di studi. Il mio personaggio rappresenta la classica professoresse frustrata, irrealizzata. C’è anche una battuta che dice: “questa è tanto bona, quanto stronza”. Questa frase racchiude un po’ quello che è il mio personaggio. Il film parla un po’ del mondo dei giovani di oggi, trattando diverse tematiche, ma senza cadere nel volgare, inserendo tutto ciò che ai giovani di oggi piace. È una storia che parla d’amore, di sogni, di ideali. Una commedia composta da personaggi di un colore diverso, dove i giovani si possono immedesimare».
Nel cast anche Alessandro Preziosi, che interpreta il ruolo del preside della scuola
«È il preside della scuola, colui che sfrutta la riforma a suo favore, creando inizialmente la classe H, che poi diventa Z. Non permette ai ragazzi di esprimere la propria opinione, un uomo che non ammette commenti, che non ha larghi vedute. A differenza del giovane professore Andrea Pisani, che credendo nei ragazzi, darà loro la possibilità di arrivare fino alla fine e diplomarsi».
Com’è stato il tuo percorso artistico?
«Ho fatto veramente tanta gavetta. Sono arrivata undici anni fa a Roma. Ho fatto un percorso lungo fatto di studi non solo universitari, ma anche legati alla recitazione, come del resto hanno fatto altri mie colleghi, con tantissime salite e discese. È un settore che ti mette sempre alla prova. Ci sono periodo in cui si lavora e va tutto bene e periodo in cui non si fa nulla e si sprofonda. Fortunatamente non mi sono mai abbattuta, malgrado le difficoltà della vita che non riguardano solo il lavoro».
In quale momento della tua vita hai capito che dovevi andare avanti in questa direzione?
«Ho vissuto una battaglia medica molto lunga, in cui ho subito nove interventi, attraversando anni molto difficili. In quel periodo ho capito che solo attraverso il mio lavoro avrei trovato la forza per riprendermi e rinascere. Sapevo che la recitazione mi avrebbe dato di nuovo un motivo per sorridere. Ed è stato così. Legato alla vicenda personale ho scritto anche uno spettacolo teatrale insieme a Luca Gaeta, e subito dopo è arrivato il successo di “Eccezionale veramente” e “Colorado”. Due esperienze che mi hanno dato una grande forza e mi hanno fatto capire che era arrivato il momento di ridere un po’ e buttarmi il passato alle spalle. Sono un’attrice prevalentemente drammatica, vengo dalla prosa, quindi trovarmi dal giorno alla notte a fare la comica con dei big della comicità è stata per me una risposta dell’Universo abbastanza chiara».
Passare dal dramma alla comicità è stata anche una bella scoperta per te…
«Tutti i miei amici da sempre mi prendono in giro perché dicono che sono buffa, comica. Mi hanno sempre fatto video per prendermi in giro, ed io ci sono sempre stata perché mi piace molto prendermi in giro. Nonostante tutto non avrei mai pensato che avrei potuto fare la comica per professione».
Tra le diverse esperienze di teatro, cinema e televisione, qual è stata la più significativa?
«Cito sempre lo spettacolo che mi accompagna dal 2012 “Le dissolute assolte, ovvero le donne del Don Giovanni” di Luca Gaeta. Questo non è uno spettacolo dove lo spettatore conosce le vicende del Don Giovanni attraverso i racconti delle donne che lui ha sedotto e abbandonato e che si sono ritrovate tutte in una casa chiusa, un luogo dove insieme hanno trovato la forza di reagire, raccontando quello che è successo loro. Questo spettacolo per me è parte della vita perché con il gruppo di ragazze si è creata una vera e propria famiglia. Crediamo in questo progetto ed è questo il motivo per cui lo portiamo avanti. Diversi nomi importanti come Tornatore, Marco Risi, Crialese, hanno assistito allo spettacolo. Ogni volta che andiamo in scena, per me è un’esperienza nuova. Per quanto riguarda invece la televisione la serie più significativa è stata “Cesare mori, il prefetto di ferro” trasmessa da Rai Uno per la regia di Gianni Lepre, un regista con una formazione teatrale mitteleuropea, che riesce a tirar fuori da ogni attore il meglio di sé.»
Ci sono altri progetti per il teatro?
«A maggio sarò in scena con “Le lacrime amare di Petra von Kan” sempre con la regia di Luca Gaeta. Anche questa sarà un’esperienza molto particolare perché i manichini saranno gli spettatori stessi. Inoltre sarò impegnata anche in un’altra pièce che ho scritto con Antonia Brancati. È una commedia sui sogni, sugli uomini di oggi che sono degli eterni Piter Pan. Un contrasto tra i mondo maschile e quello femminile nell’epoca del multimediale».
Mentre per quanto riguarda il cinema, cos’altro bolle in pentola?
«Ci sono in uscita altri due film in cui ho partecipato. Il primo è “Ovunque tu sarai” di Roberto Capucci, in uscita il 6 aprile, in cui faccio un cameo molto divertente. Nel cast anche Ricky Memphis, Primo Reggiani, Francesco Montanari, Francesco Apolloni, Ariadna Romero. A fine aprile uscirà nelle sale “Girotondo” di Tonino Abballe con Erika Marconi, Massimiliano Buzzanca, Antonella Ponziani, in cui interpreto il ruolo di una ragazza gay che difende i propri diritti».
C’è un ruolo in particolare che ti pacerebbe interpretare ma che non ti è stato mai proposto?
«A me piacerebbe tantissimo lavorare in un film storico nel ruolo di un personaggio femminile forte. Il cinema in costume mi affascina particolarmente».
Prima parlavi di scrittura. Quando e come nascono le tue idee?
«La mattina dopo aver sognato e prendendo spunto da delle esigenze di comunicazione. In questo periodo sto scrivendo la sceneggiatura di un corto e tutto è partito dalla mia esigenza di lasciare un messaggio. Avverto molto il senso dell’epicità del mestiere dell’attore. Il cinema e il teatro fanno parte della comunicazione, trasmettono emozioni e le emozioni ci fanno restare vivi. Emozionare e al tempo stesso far riflettere è una bella sfida. Mi piace scrivere consapevole di lanciare un messaggio importante, non mi piace che sia una scrittura sterile fine a se stessa».
Cosa sogni nel tuo futuro?
Mi piacerebbe affrontare un lavoro attoriale seriale, per poter costruire nel dettaglio un personaggio, crescere e modificarlo un po’ alla volta».