Dopo 7 anni di repliche tra Francia e Belgio, la trasposizione teatrale “Gli Uomini vengono da Marte, le Donne da Venere“, il libro best seller di John Gray (oltre 50 milioni di copie – tradotto in più di 40 lingue), continua la programmazione italiana 2013/2014. Il protagonista maschile del monologo teatrale sulle principali differenze comportamentali di uomini e donne, in Italia, è Paolo Migone. L’attore, scrittore e cabarettista, autore di 2 libri, e comico di svariate edizioni di Zelig, ci porterà a comprendere, con un sorriso, il mondo parallelo di uomini e donne, seppur diverso, da millenni, complementare.
Incontriamo Paolo Migone, l’attore protagonista e gli chiediamo qualche curiosità sullo spettacolo.
Sei impegnato a teatro con lo spettacolo “Gli Uomini vengono da Marte, le Donne da Venere”, il libro best seller di John Gray. Come nasce l’idea di portare il testo a teatro.
«L’idea parte da un Belga, Paul Dewadre che ha visto una conferenza a New York dove John Grey – autore del romanzo – presentava il suo libro. Dewadre si incuriosì e chiese all’autore di portare il testo a teatro. Grey accettò e, per 7 anni,Dewadre ha portato questo monologo a teatro riscuotendo molto successo in Francia e in Belgio. Dopo 7 anni ha deciso di trovare dei cloni per portare lo spettacolo altrove. Un po’ come nelle barzellette dove c’è un Tedesco, un Francese, un Americano. Ecco, bisognava trovare l’Italiano che lo interpretasse a Teatro ed eccomi qua.»
La trama dello spettacolo verte sulle differenze comportamentali di uomini e donne. Un universo infinito, insomma.
«Beh, sì! Di benzina ce n’è tanta! Poi, in tanti anni di Zelig, ho sempre messo a fuocoquesto tema ed ero ben preparato. La diversità tra il testo teatrale ed il monologo Tv è che ora, a teatro, sono dentro un pezzo e devo quindi difendere anche le donne. Mentre prima, le colpivo e basta. Devo essere più equo, quindi. Equino! (Aggiunge. E mi scappa una risata prima di formulare la domanda successiva! ndr)»
Hai avuto esperienze di teatro, Tv e cinema. Quali sono per te le preferenze o le differenze di queste tre forme d’arte.
«Il grande amore è il teatro, perché lì mi ci trovo proprio bene! (Afferma diretto, ndr). Faccio televisione per portare la gente a teatro, quindi è un mezzo e non è un fine! Quanto riguarda il cinema, invece, ho visto tanti colleghi che provano a fare film e mi sta venendo voglia di cimentarmi in un cortometraggio o in qualche cosa che abbia a che fare con il cinema.»
Attore, scrittore, cabarettista. Se non avessi fatto questo mestiere, cosa avresti s
celto?
«Da giovane volevo fare lo psicologo, poi ho fatto 21 esami di agraria. Ero molto confuso, insomma!»
Hai scritto due libri nei quali hai usato un linguaggio comunque sarcastico ed ironico. A prova che hai fatto della tua simpatia un’arma, un punto di forza.
«Beh, intanto ho trasformato le tensioni familiari in soldi, in denaro. È incredibile, come se fossi un mago! Tutti i contrasti che avevo in famiglia, li ho portati fuori. Erano momenti che vivevo in casa e nella mia vita e parlandone fuori, lo ripassavo sul palco. Ed è stata una grande fortuna questa cosa! È come se andassi dallo psicologo. Ne parlo e mi libero di certi fantasmi. Scrivere, mi piace e penso che possa funzionare la mia arte di far ridere su pagina.»
Tanti i programmi di comicità che ci propone la Tv. Colorado, Made in Sud, Zelig. A prova che la gente vuole ancora ridere.
«Noi con Zelig siamo stati i capostipiti, poi c’è stato Colorado ed ora c’è Made in Sud. Programmi nei quali c’è una grande sfornata di comici. Ma bisogna stare attenti. Perché la comicità è come una maratona. Se hai delle buone idee, ti salvi! Se invece fai uno sketch e non hai altre idee, sparisci. E, quello della comicità, è diventato ancora più crudele del mondo della canzone. Siamo veramente tantissimi. Le donne sono più fortunate, perché sono molte di meno e soffrono meno la concorrenza.»
Qual è il consiglio che potresti dare ad un giovane che si affaccia al mondo della comicità?
«Il consiglio è quello di farsi dare anche i soldi dal nonno per andare a vedere uno spettacolo dei tuoi beniamini dal vivo. Di andare a “viverli” di persona per capire quale può essere il tuo stile. Perché si parte sempre da un esempio da seguire e poi ci lavori per trovare un tuo percorso. Io ci ho messo un bel po’ a trovare il “mio stile di far ridere”. Non è facile, ma farsi contagiare vedendo anche spettacoli degli altri, può aiutare molto all’inizio. Ti può gasare.»