Carlo Carbonetti e Marvin Marshall sono due ragazzi dell’entroterra abruzzese che nel 2018 uniscono idee ed affinità per dare vita al progetto musicale Unibrido. Grazie alla collaborazione di Luigi Caprara del Lunchbox Studio, registrano i primi brani del loro album di esordio P.I.G.S., un personalissimo spaccato della società contemporanea, violenta, nichilista e coloratissima. Non C’è Più Tempo è il singolo estratto dall’album.
Carlo Carbonetti e Marvin Marshall hanno dato vita a Unibrido. Ci parlate delle vostre esperienze pregresse e come è nata la voglia di fare musica insieme?
«Abbiamo cominciato come più o meno tutti: in cameretta. O addirittura in auto (la chitarra è stata la prima donna nel sedile posteriore dell’auto di Marvin), poi cover band. E lavorando nello stesso posto è nata l’idea di provare a condividere idee e liriche. Ad unirci è stata una certa sintonia musicale, rispetto e tanta voglia di suonare».
Cosa vi ha spinto alla scelta del nome Unibrido?
«Unibrido è la condizione antropologica, sociale e psicologica che ognuno di noi sta vivendo in questo tempo, un tempo dove la trasformazione individuale non è più un’opzione ma una scelta obbligata. E non parliamo dei sofismi trascendentali ma di scelte concrete che possono cambiare il futuro e soprattutto farci stare meglio. Unibrido è una band dall’impatto inquinante piuttosto basso nell’affollato traffico musicale attuale».
Da cosa attinge la vostra musica?
«Semplicemente dalla nostra percezione della realtà: tutto quello che mangiamo, respiriamo, leggiamo e ascoltiamo defluisce nella nostra creativa elaborazione gastrointestinale. Abbiamo assorbito per anni influenze musicali diverse: blues psichedelici, rock d’oltreoceano e nostrano, lo stoner dei primi anni ’90, il prog internazionale e italiano, quello che fa restare il cervello incollato alle cuffie. Ci accomunano l’attrazione per l’arte in tutte le sue forme ed una buona dose di intuito».
Come definireste la vostra musica: di rottura, alternativa, di protesta, rivoluzionaria?
«Un processo psicofisico teso alla ricerca continua, non solo di rottura. Rivoluzionaria, sicuramente ma silenziosa (nonostante la potenza dei suoni), lenta e inesorabile».
È stato più difficile per due ragazzi dell’entroterra abruzzese come voi, farvi largo nel mondo della musica? Chi per primo ha creduto in voi e vi ha offerto delle opportunità?
«Qui non ci pare che qualcuno abbia sgomitato. Proviamo ad ampliare le nostre possibilità di suonare, cosa impossibile in questo momento totalmente assurdo, senza pretese. Ad ogni modo se siamo qui a parlare di Unibrido e di P.I.G.S.,lo dobbiamo soprattutto a Luigi Caprara di Lunchbox Studio che ha inspiegabilmente avuto fiducia in noi e in questo progetto producendo il disco e dandoci consigli. È autore del videoclip di Non C’è Più Tempo e Mercurio (disponibili su You Tube) nonché collaboratore nei live al basso e al synth. Insomma è tutta colpa sua. Abbiamo anche avuto la fortuna di conoscere Cristiano Romanelli degli UMMO e Giulio Berghella che ci stanno dando una mano nella promozione».
Jerry Viviani ha detto che Unibrido ha “il cuore di un leone e il corpo di un cavallo”. Condividete tale affermazione?
«Ovviamente apprezziamo e condividiamo l’accostamento simbolico ai due animali mitici da parte di Jerry a cui vogliamo un bene infinito. È sempre presente ai nostri concerti».
Ci parlate del vostro album P.I.G.S. e da dove deriva questo acronimo?
«P.I.G.S. è un album di otto brani pubblicato alla fine dello scorso anno. Un disco scritto e registrato d’istinto, senza starci troppo a pensare. Le tematiche però sono profonde e meditate: alienazione e omologazione sociale, dittature economiche e scientiste, crisi esistenziali e svolte antropologiche. P.I.G.S. è il simpatico acronimo usato fino a qualche anno fa per indicare gli Stati europei spendaccioni del Mediterraneo. La situazione macroeconomica di questi mesi sta facendo finalmente aprire gli occhi a molti su chi siano gli avvoltoi seduti nelle commissioni dell’Unione europea che sembra essere arrivata ad un punto di non ritorno. I nostri P.I.G.S. hanno anche una chiave di lettura politica: l’idea dei maiali di Orwell che prendevano il potere nella fattoria degli animali trasformandola in una dittatura grazie alla menzogna ci fa tanto pensare allo scenario attuale. Ma il maiale può essere ognuno di noi in questo porcile psicotico che è la società, dove tramite la paura e la pubblicità, permettiamo al potere democratico di commettere le peggiori nefandezze».
Siete sempre convinti che “Le comodità della vita fanno rimanere immobili, abbassare lo sguardo e rispondere al solo senso del dovere”?
«Non sono le comodità ad essere responsabili della nostra innata propensione all’obbedienza. Essa è una ginnastica avrebbe detto De Andrè e ognuno di noi frequenta le migliori palestre fin dalla tenera età: famiglia, scuola, istituzioni politiche e religiose…Fanno di tutto per convincerci che chi è nato prima di noi la sappia più lunga, che le cose stanno come dicono loro, i grandi, e che non ci sia nulla da mettere in discussione. Chi ci crede si mette in fila con gli altri, chi sente puzza di bruciato è nei guai perché avrà un sacco di problemi nella vita».
Avete in progetto di realizzare un secondo album?
«Certamente. Stiamo riordinando idee, riff e testi e provando ad avvalerci di questa nostra croce e delizia chiamata tecnologia. Ma siamo dannatamente tradizionalisti e appena rientreremo in sala prove sarà tutto più semplice e inizieremo a dare un senso a questo secondo album».
Come avete trascorso le lunghe giornate del lockdown?
«Sono state giornate produttive, ideali per riflettere, leggere, scrivere, cercare nuovi suoni e diverse ispirazioni per i nuovi pezzi. Giorni all’insegna del gioco, di cambi pannolino e tentativi di pianificazione».
Cosa vorreste dire ai fan in un momento così difficile e critico per l’Italia?
«Non chiamiamoli fan, dai! Sono soprattutto amici. L’attualità sembra non voglia concederci il lusso dell’ottimismo ma la volontà ci costringe ad esserlo. Questa situazione dovrà essere per ciascuno di noi lo stimolo a cambiare in meglio. Non possiamo restare immobili, soprattutto mentalmente. Cerchiamo di lavorare sulle nostre paure, anche le più imbarazzanti. Bisogna tornare a frequentare la creatività, la musica, l’arte, la natura e le persone a cui vogliamo bene. Dovremo essere reattivi, critici. Non dobbiamo fidarci di tutto quello che ci dice la TV: approfondiamo, stimoliamo il pensiero! Le guerre dei prossimi anni passeranno tutte dalle nostre menti. Ci conoscono meglio di noi stessi, dobbiamo recuperare il terreno perduto».
Hobby? Ultimo libro letto? Fumetti e/o altro?
«Hobby? Liquori fatti in casa e filosofia. Gli ultimi libri sui nostri comodini sono: 9 settimane e mezzo di Elizabeth McNeil, L’isola e Le porte della percezione di Aldous Huxley e Il coraggio di essere idiota di Igor Sibaldi».