Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa con Lorenzo Gleijeses
Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa in scena al Teatro Sannazaro di Napoli nell’ambito della programmazione inerente il Teatro Contemporaneo.
La regia e drammaturgia sono di Eugenio Barba, Lorenzo Gleijeses e Julia Varley, produzione del Teatro Biondo di Palermo, Gitiesse Artisti Riuniti, Nordisk TeaterLaboratorium.
Le sequenze che costituiscono i momenti cruciali e decisivi della narrazione sono liberamente ispirate alla- Metamorfosi-di Franz Kafka: la storia di Gregor Samsa, dell’uomo che una mattina scopre di essersi trasformato in un enorme insetto è l’opera di gran lunga più celebre di Kafka.
Lorenzo Gleijeses ( in scena Gregor Samsa) ha rilasciato queste dichiarazioni:
“E’ la prima regia esterna all’ Odin Teatret fondato da Eugenio Barba nel 1964 in Norvegia, che dopo tanti anni è un vero punto di riferimento nel panorama artistico contemporaneo.
Eugenio Barba è uno dei riformatori più visionari e inafferrabili del Teatro internazionale:
il Teatro è per il drammaturgo un ‘ isola di libertà dove poter esprimere la propria fantasia e creatività, una vera scuola di vita”.
Vediamo sulla scena il danzatore Gregor Samsa che rimane invischiato nella ripetizione ossessiva dei materiali che deve portare in scena per un imminente spettacolo.
La sua ossessione a migliorare lo porterà a non staccarsi mai dal personaggio che dovrà interpretare, perdendo così i confini tra lavoro e vita quotidiana, tra reale e immaginario.
Nello spettacolo vengono sviluppati alcuni elementi autobiografici della vita di Kafka quali il rapporto conflittuale con il padre- padrone dal quale il protagonista cerca di mantenere un debito distacco rifugiandosi nei libri e nel suo lavoro.
Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa è uno spettacolo esperienziale che esula dalle comuni catalogazioni cui siamo abituati, ci spiazza, ci induce a riflettere e a rimettere in gioco i luoghi comuni e ovvi delle nostre conoscenze.
Lo spettatore ha una sorte di straniamento, la percezione di trovarsi difronte a qualcosa di inusuale che però porta ad una graduale percezione amplificata delle cose e del loro profondo significato.
Il regista Eugenio Barba, nell’ottica di una perfetta macchina teatrale, riduce il tutto alla concretezza fisica di un corpo che di fatto violenta lo spettatore con la sua iperattività parossistica, reinventa il corpo sulla base dei comportamenti di tutti i giorni, creando un empatia cinetica tra il danzatore e lo spettatore.
E’ un teatro di impulsi fisici che comunica attraverso le sonorità e la gestualità che si fanno un vero e proprio linguaggio rivitalizzante e catartico.
Lo spettacolo rappresenta , a mio parere, la metafora della alienazione di un mondo che sta trasformando inesorabilmente gli esseri umani in animali-macchine disumanizzati.
Inoltre noto una decisa condanna dell’eccessiva accelerazione sociale in tutti i campi, con l’auspicio di un benefico ritorno a Madre Natura che può fungere da balsamo per l’umanità ferita e stanca.
Il regista ci induce a riflettere sulla quotidianità del grottesco e dell’assurdo che l’uomo ha assunto come regole di vita oggi.
La morte diventa una sorte di momento catartico per l’ autore , una regressione biologica inevitabile.
Da vedere al Sannazaro di Napoli fino al giorno 11 dicembre.