L’attrice e produttrice Francesca Neri, nell’ambito del Napoli Film Fest, ha incontrato il pubblico al cinema Metropolitan, raccontandosi in una conversazione, intervallata da alcune clip dei suoi film più significativi, con il giornalista Fabrizio Corallo.
Al termine, la proiezione del film erotico Le Età di Lulù (1990) di Bigas Luna, scomparso pochi mesi fa (e al quale il NFF ha dedicato un’ampia retrospettiva). Il film. ancora oggi molto “forte” è tratto dal romanzo del 1989 di Almudena Grandes (che collaborò anche alla sceneggiatura) sulla scoperta e l’evoluzione sessuale di una donna dai suoi 15 anni in poi.
La Neri è stata la prima attrice italiana voluta dal regista per questo film che definisce come qualcosa oltre lei, ma che rifarebbe per tutte le opportunità che le si sono spalancate dopo: una carriera sempre più in ascesa e la possibilità di lavorare con Almodóvar, Verdone, ma in primis, con Massimo Troisi che, ovviamente, è la prima curiosità a cui deve rispondere arrivando a Napoli.
Francesca Neri, di nero vestita, splendida e dagli occhi profondissimi, spiega il suo rapporto con Troisi e l’amicizia nata grazie al film Pensavo fosse amore…invece era un calesse del 1991, l’ultima sua regia. Lo racchiude in una frase dell’austriaco Rainer Maria Rilke de Le Elegie Duinesi: “Angelo e marionetta, allora sì che c’è spettacolo“. Massimo Troisi, dice, è Napoli.
Una persona pura, un talento che tutta la città riconosceva e che inondava d’affetto senza vergogna di dimostrarlo. Cosa che l’attrice non ha più visto per nessuno e da nessun’altra parte. Un’assenza che pesa. Massimo le insegna il piacere della pausa; è nel silenzio che si concentrano le emozioni, molto più che con le parole.
Seguono e passano in rassegna: Al lupo! Al lupo! (1992) di Carlo Verdone con Sergio Rubini, Ivo il tardivo di Alessandro Benvenuti (1995) e Carne tremula (1997) di Pedro Almodóvar basato sul romanzo Carne Viva di Ruth Rendell. Quest’ultimo è sicuramente un incontro che lei stessa definisce importantissimo. Ogni attore vorrebbe incontrarlo ma per poi dire: “Mannaggia, l’ho incontrato!“. Un’esperienza totalizzante da tutti i punti di vista,: umano, fisico e psicologico. Vengono ricordati: Io amo Andrea (200) di Nuti, girato quando lei era incinta, Danni Collaterali (2002) con Arnold Schwarzenegger, un film che non avrebbe neanche visto da spettatrice. Ma Hollywood è Hollywood e, almeno una volta, si deve provare. Per Hannibal del 2001 la Neri lavora con Anthony Hopkins e Giancarlo Giannini che definisce il miglior attore italiano vivente, che supera, per bravura e maestria, lo stesso Hopkins. Un attore capace di parlare un attimo prima del ciak con il macchinista e l’attimo dopo entrare nel personaggio ed interpretarlo al massimo. Tutto questo, a dispetto dello stesso attore gallese che, durante le riprese, non voleva essere disturbato e non parlava con nessuno.
La filmografia di Francesca Neri è molto vasta ed eterogenea, bellissime sono le sue interpretazioni con Pupi Avati con cui ha lavorato in ben tre film. Uno fra tutti: Il papà di Giovanna del 2008. Avati è paragonato, per entusiasmo e passione, ad un regista giovane emergente tant’è che lei, ora, lavorerebbe solo con registi alle loro opere prime e con, appunto, Pupi Avati. Saluta il numeroso pubblico in sala spiegando che sarà, infatti, impegnata a marzo tra Londra e Firenze, sul set di Mirco Pincelli, al servizio della sua…opera prima.