Familiarizzare col pentagramma da bambini aiuterebbe la mente a invecchiare meglio. Basterebbero infatti anche pochi anni trascorsi a studiare note in giovane età, per garantirsi un cervello più in salute da anziani, almeno secondo quanto afferma una ricerca apparsa sulla rivista Journal of Neuroscience.
Nina Kraus, neurobiologa presso la Northwestern University, da tempo indaga sugli effetti che la musica può avere sulla plasticità cerebrale e sulle abilità cognitive.
L’ultimo lavoro di Nina Kraus ha coinvolto 44 adulti tra i 55 e i 76 anni per valutare la prontezza del loro cervello. In queste persone è stata misurata l’attività elettrica della regione del tronco encefalico che processa i suoni mentre ascoltavano una voce che pronunciava ripetutamente una sillaba. Chi aveva seguito da bambino lezioni di musica, mostrava una più rapida risposta cerebrale alla percezione del suono, di circa un millisecondo più veloce.
«Si tratta di piccolissime differenze temporali – sottolinea Kraus – ma se le consideriamo per milioni di neuroni, allora possono fare la differenza nella capacità di un anziano nel reagire ai suoni». Il fatto sorprendente poi era che la maggior reattività cerebrale riguardava anche chi non toccava uno strumento da molto tempo.
Secondo Kraus tanti più anni un bambino trascorre con uno strumento musicale, tanto più ne beneficerà la sua mente adulta. «La velocità con cui il cervello elabora e discrimina i suoni è una delle prime abilità a essere intaccata dall’invecchiamento e riuscire a contrastare questo processo potrebbe migliorare molto la vita degli anziani», conclude la Kraus.
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