In scena, al Teatro Mercadante di Napoli, Pour Un Oui Ou Pour Un Non di Nathalie Sarraute, con Umberto Orsini e Franco Branciaroli, per la regia di Pier Luigi Pizzi che ne cura anche le scene e i costumi; una co-produzione Compagnia Orsini e Teatro degli Incamminati in collaborazione con Centro Teatrale Bresciano (repliche fino a domenica 13 febbraio).
Nathalie Sarraute è una delle più importanti scrittrici francesi (di origini ebraico-russe) della seconda metà del novecento e ha occupato un posto importante nell’alchimia tra teatro dell’assurdo e teatro del quotidiano. Come già ne Il Silenzio, La Menzogna e L’Uso Della Parola, in Pour Un Oui Ou Pour Un Non (lett. “Per un sì o per un no”, ma si potrebbe tradurre più appropriatamente con “Per un nonnulla”), testo del 1982, ella mette al centro della scena la forza delle parole, soprattutto quelle non dette, in una ragnatela fittissima di sensi e controsensi che deformano l’umana comunicazione, aprendola a significati multipli e mutevoli. Due amici che si ritrovano dopo un non motivato distacco si interrogano sulle ragioni della loro separazione e scoprono che sono stati i silenzi tra le parole dette e soprattutto le ambiguità delle “intonazioni” a deformare la loro comunicazione. Centrale nell’opera è la parola “dignazione” (che non a caso viene scritta a caratteri cubitali sul muro della stanza in cui si svolge l’azione): quell’attitudine – cioè – a concedere, con aria di sufficienza, ad altri ciò che spetta loro di diritto. Così, il “per un sì o per un no” del titolo diventa quel nulla che può cambiare tutto, quel nonnulla che provoca lacerazioni profonde, ferite insanabili, un gioco al massacro in cui i due vecchi amici si precipitano.
Dopo gli esordi come scenografo e costumista della Compagnia dei Giovai (De Lullo-Valli-Guarnieri-Falk) a metà anni ’50 e una lunga esperienza di regia di teatro operistico, Pier Luigi Pizzi torna alla regia del teatro di prosa con un testo intenso, efficace e polisemantico come Pour Un Oui Ou Pour Un Non, dove mette in campo tutte le sue passate esperienze, tanto nell’ideazione delle scene che riproducono un interno in puro stile primi anni ’80, quanto nella direzione degli attori. A questo proposito si affida a due carichi da novanta, Umberto Orsini e Franco Branciaroli che con la loro esperienza e versatilità riescono ad imprimere una giusta carica di energia, organicità e leggerezza ad un testo che, altrimenti, sarebbe risultato un po’ troppo verboso. Il lavoro attoriale in questa pièce è (quasi) tutto. Le sottigliezze di intonazioni e le lucide considerazioni dei personaggi sapientemente interpretati conferiscono allo spettacolo brio, interesse e motivo di riflessione.