Ultima settimana per Ventre Molle, Napoli come Rio, la bella mostra al Castel dell’Ovo (fino al 30 settembre) di Mario Ferrante. La mostra è un progetto itinerante che vuole realizzare un ponte tra due città lontanissime ma vicine per vivacità e vita ai margini. Un viaggio ideale che proseguirà verso Montecarlo, Berlino e Rio per gettare le basi per la costituzione di un’Accademia delle Belle Arti che il Brasile non ha. La Sala delle Carceri è già di per sé uno spazio espositivo molto interessante. L’allestimento si plasma bene e troviamo un corto, tanti quadri, alcune sculture ottenute con la fusione in bronzo e un costume tipico brasiliano (leitmotiv del corto in cui troviamo una donna abbigliata, in modo folcloristico e ridondante, che cammina per i vicoli). Accanto ai quadri, sulla struttura in ferro, sono appesi anche panni proprio come sui balconi delle vie di Napoli.
Mario Ferrante nasce a Roma nel 1957 e realizza la sua prima mostra personale alla fine degli anni ’70 presso il Chiostro di Sant’Andrea delle Fratte sempre a Roma. Nel 1961 i Ferrante vanno in Brasile per ritornare in Italia nel 1970. Nel 2007, la casa dell’artista apre le porte alle scuole: gli studi di Roma e di Benevento diventano factories creative e laboratori didattici. La sua pittura è estremamente materica, colori sgargianti e tensioni cromatiche a volte inserite con l’utilizzo della spatola. Le pennellate sono sostanziose e danno vita a quadri dal taglio fotografico che presuppongono non studi dal vero e, quindi, una visione naturale, ma immagini viste dalla fotocamera. Deformazioni prospettiche e tagli arditi, in alcuni casi troviamo anche l’effetto mosso, che rimandano immediatamente a Degas. Due titoli da segnalare per poeticità e potere immaginativo: Natale berlinese con ragazza innamorata in bicicletta e Ho lunghe braccia per afferrare la felicità ed un cuore d’acqua per berla. Due quadri hanno colpito il mio cuore: Ubique Vacuum I in cui troviamo un’espressione stupenda che mi ha fatto pensare allo splendido Pontormo, pittore del 500 e Ho solo bisogno di sogni il cui protagonista sembra un moderno Gesù metropolitano.