Esordio musicale per Zuin con l’album dal titolo “Per tutti questi anni” (Volume). Il disco è uscito lo scorso novembre e arriva dopo l’esaltante performance sul palco del Primo Maggio Roma e la pubblicazione dell’ep “Io non ho paura”. Si tratta di un disco maturo, scandito da toni graffianti e inondato da energia emozionale, in una fusione di arrangiamenti moderni, che incontrano i caratteri tipici, anglo-americani. «Questo disco racchiude i miei primi 30 anni di vita. I ricordi di infanzia, il rapporto con la mia famiglia. Un album che parla di sogni, di amicizia, di amore e di paure». È così che Zuin descrive un racconto in musica, in cui la chiave di lettura è essenzialmente, la musicalità intima e personale. Anticipato dal singolo “Bianco”, il primo lavoro discografico di Massimo Zuin si compone di dieci brani.
Si parte con Fantasmi, un brano bellissimo in cui il cantautore legge la paura dei fantasmi dentro se stesso. La voglia di estrinsecarli, riconoscerli, farli svanire. Un testo che si sposa con l’essere umano “leggibile” in ogni centimetro di permeabilità. “Avrò anche perso un po’ la mira, ma ho dentro un grande fiuto tiratore…loro sembrano fantasmi…loro sembrano fantasmi.. per me”. L’acustica incalzante rapisce in Io non ho paura, il cui testo descrive i sogni, le paure, i desideri, un’esortazione a ricordarsi di avere paura solo di quello che ci fa male e mai di quello che desideriamo, perché i sogni non hanno data di scadenza. In Monza Saronno è il racconto in musica di un percorso di un’amicizia nata su un bus. L’allontanamento di uno dei due, che sceglie di intraprendere nuove strade. A seguire troviamo Hannah Baker, una canzone in cui il nome del personaggio diventa trasposizione di uno stato d’animo. È quando l’amore non ti fa pensare ad altro, quando ti senti così bene e cosi male allo stesso tempo. Cerchi una cura altrove ma non esiste, perché la cura è lei. Si prosegue con Credimi, il pezzo che più di tutti avvolge e che vede al centro di tutto la sensazione di sentirsi divisi, quando da figlio unico vedi i tuoi genitori che non si amano più e si lasciano. Fisicamente ed emotivamente diviso tra due case, tra due persone che ami allo stesso modo ma che non si amano più quando ne avresti bisogno. Un testo di cui si sente il desiderio di volerne subito cercare il contenuto, di volerne sempre di più sentire i toni trascinanti che lo compongono. La chitarra suona veloce e dinamica in Oh Mio Dio. Un brano di riflessione, che si muove su sonorità fluide. La piacevolezza dell’ascolto supera l’impegno del racconto sociale in cui vediamo il confronto tra padre e figlio. Delicatezza graffiante in Sottopelle. “Rimani sottopelle, tu mi bruci gli occhi. Ci sono solo due volte in cui mi prendi a botte….rimani sottopelle anche se sei distratta, ho unito troppe volte, le mani per pregarti”. È così’ che fa, in un racconto di tossicità emozionale dell’amore, descritta paradossalmente con ritmi romantici nei suoni e negli accordi di voce. Caro amico (Ti sfido) è un richiamo immediato alla celebre canzone di Lucio Dalla “L’anno che verrà”. Qui però siamo di fronte ad una descrizione che per “volontà epocale” è diversa. L’amico che scrive ad un alto amico, facendolo riflettere sul modo in cui si sia snaturato, di fronte al denaro ed all’ambizione “E lascia stare il mio domani, altrimenti giustificavi la tua assenza, disegnando verità. E lascia stare ciò che irrimediabilmente conta più di te”. Riflessione colma di attenzione nei riguardi della natura. Il modo in cui l’essere umano, in modo immondo, distrugge il creato. È questa la “scoperta” che ascoltiamo nella traccia numero 9 Il Profumo di un albero. Chiude l’album Bianco, un racconto soave, delicato in cui il cantautore ripercorre i suoi pensieri, le sue paure, i suoi sogni. I desideri più nascosti. Il tessuto identitario in un confronto con l’immaginazione di quanto sentono glia altri. Un brano intenso, duettato in coppia con Daniela D’Angelo.