Toni Servillo legge Napoli, in scena fino a domenica 3 aprile al Teatro Nuovo di Napoli, è un viaggio nelle parole di Napoli, da Salvatore Di Giacomo a Ferdinando Russo, da Raffaele Viviani a Eduardo De Filippo, fino alle voci contemporanee di Enzo Moscato, Mimmo Borrelli, Maurizio De Giovanni, Giuseppe Montesano e Michele Sovente.
Una serata in dedica alla cultura partenopea, che l’attore restituisce immergendosi nella sostanza verbale di poeti e scrittori che di Napoli hanno conosciuto bene la carne e il cuore. Un ritratto di una città dai mille volti e dalle mille contraddizioni, divisa fra l’estrema vitalità e lo smarrimento più profondo, una città di cui la lingua è il più antico segno, forgiato dal tempo e dalle contaminazioni.
«Ho scelto questi testi – sottolinea Toni Servillo – perché ne emerge una lingua viva nel tempo, materna ed esperienziale, che fa diventare le battute espressione, gesto, corpo». Poeti e scrittori, testimoni della città nel passato e nel presente, offrono attraverso emblematici scritti il quadro sintetico di una realtà impietosa ai limiti del paradosso. Tra pulsioni e pratiche, carne e sangue, lo spettacolo di Toni Servillo sostiene la necessità perentoria di non rinunciare a una identità sedimentata da quattro secoli di letteratura.Accanto a poemetti ormai considerati fra i grandi classici del Novecento come Lassamme fa’ a Dio di Salvatore di Giacomo e Vincenzo De Pretore di Eduardo de Filippo, ci sono due liriche di Ferdinando Russo, ‘A Madonna d’‘e mandarine e E’ sfogliatelle, e l’attualissima Fravecature diRaffaele Viviani.
Servillo da poi voce alla sanguigna e veemente invettiva de A sciaveca di Mimmo Borrelli e alla lingua contemporanea, colta e allusiva di Litoranea di Enzo Moscato, tagliente riflessione sulle contraddizioni e sul degrado di Napoli, che, nel 1991, costituiva il finale di Rasoi, spettacolo-manifesto di Teatri Uniti.Composte per la circostanza sono ‘O vecchio sott’o ponte di Maurizio De Giovanni, a raccontare l’inumano dolore per la perdita di un figlio, e Sogno napoletano di Giuseppe Montesano, in cui, dichiarata la dimensione onirica, l’apocalisse lascia il passo a un salvifico, auspicato, risveglio delle coscienze.
Entrambe s’infrangono nella successiva sequenza, aspra e feroce, di Napule, crudo ritratto della città scritto da Mimmo Borrelli.
«Oltre la lingua – aggiunge Toni Servillo – il filo rosso che attraversa e unisce la serata è il rapporto speciale, caratteristico di tantissima letteratura napoletana, con la morte e con l’aldilà, il commercio intenso e frequente con le anime dei defunti, i santi del paradiso e Dio stesso». Settanta intensi minuti che l’attore conclude con Primitivamente di Raffaele Viviani, Cose sta lengua sperduta di Michele Sovente, ‘A livella di Totò, ed infine ‘A casciaforte di Alfonso Mangione.