È uscito il primo singolo e il videoclip di “The White Bird” del musicista Aléxein Mégas, nome d’arte del compositore elettronico Antonio Alessandro Pinto, nativo di Casalvelino Marina nel salernitano. The White Bird è un invito a guardarsi dentro per affrancarsi dalle schiavitù, dalle oppressioni e dai vincoli che la società impone, esperienza vissuta da Mégas personalmente. Una lunga ricerca interiore lo ha portato a liberarsi dalle angosce che lo soffocavano e il pezzo è la trasposizione in musica dei suoi turbamenti e della sua sete di libertà. Il brano che unisce le sonorità elettroniche a quelle orchestrali anticipa l’album omonimo che sarà pubblicato nei prossimi mesi.
The White Bird è il tuo nuovo brano di musica elettronica ed orchestrale. Il titolo L’uccello bianco è la metafora dell’istinto creativo dell’artista che desidera uscire dalla gabbia in cui la società contemporanea lo imprigiona. The White Bird ha avuto l’effetto catartico che speravi?
«Credo che alla creazione dell’idea musicale e successivamente video, che viaggiano strettamente connesse tra loro, corrisponda la mia personale purificazione interiore. Il tempo che mi ha aiutato a maturare le idee che potete vedere e soprattutto ascoltare, vengono da un lungo periodo di silenzio, il quale mi ha permesso di maturare quel determinato pensiero. A dire il vero è stato come un grosso macigno da portare in spalla o se preferisci, come il ticchettio costante di una bomba a tempo, fisso nelle testa, del quale mi sono liberato, sentendomi finalmente più leggero. Una vita trascorsa dietro le futilità, credendo di raggiungerle sentendoci a quel punto soddisfatti, disegna un circolo vizioso. Sappiamo quanto il bene materiale renda estremamente insoddisfatto l’essere umano e quanto la mente sia schiava e mai appagata perché più ha e più desidera. L’uccello bianco, come lo intendo, non rappresenta unicamente l’istinto creativo di ogni artista, bensì il fuoco ardente di passione che dimora in ogni persona. Ho voluto condividere ciò che mi è accaduto, allo stesso tempo suggerendo ad ognuno di cercare dentro di sé per trovare il proprio “The White Bird”, liberandolo dalla prigionia delle angosce legate alle futilità; godersi i semplici momenti mai prendendoli per scontati, assaporandoli a fondo è il modo speciale di vivere felici, mantenendo regimi di rispetto e condivisione».
Il video comprende due parti, nella prima il protagonista si reca al lavoro portando con sé una gabbia bianca, simbolo metaforico della prigionia mentale, mentre nella seconda parte l’uomo si addormenta e sogna la serenità, alla fine abbandona la gabbia e prende la sua chitarra. Da quale schiavitù ti sei sentito imprigionato?
«Il motivo per cui ho deciso di condividere il mio personale vissuto, sotto forma della gabbia metaforica, è quello di aiutare gli altri a liberarsi della propria. Sembra il messaggio americano che girava un po’ di anni fa: “Yes, you can” ma ho provato gioia che mista alla paura di sbagliare, addentrandomi in una realtà che tutto sommato mi ha completamente denudato di barriere, rischiava di farmi parecchio male.
Sono un emotivo e soprattutto mi fido molto del mio istinto, che definisco il mio migliore amico, non perché non sia fallace, anzi. In realtà credo che sia il modo attraverso cui riesco ad esprimermi sinceramente e mi fa sentire vivo. Odio qualsiasi tipo di maschera sociale che ritengo essere la tomba dell’anima. Tutto ciò ha permesso di spogliarmi delle paure, delle incertezze, lanciandomi verso ciò che ritengo fondamentale al fine di sentirmi libero, vero, reale. La musica è parte di me ed ho deciso di vestirmi di lei lasciandomi dietro le preoccupazioni, seguendo il modello: comunque vada, avrò scelto sinceramente».
Attraverso la musica, quindi, riesci a liberarti?
«Altro non potrebbe essere più vero. Ho creduto per molto tempo che questo fosse l’esatto contrario. Come se la musica rubasse tempo e risorse preziose alla mia vita, come la droga fa ad un assuefatto. Comporre mi rende vivo e attraverso il linguaggio della musica riesco a trasmettere molto più che attraverso le parole».
The White Bird dal punto di vista musicale sembra una colonna sonora di un film, le percussioni sembrano adatti ad accompagnare una marcia o un cammino..
«Ritengo “The White Bird” essere il brano più emblematico dell’intero album. E’ il cuore pulsante dell’intero lavoro e non poteva che essere esso stesso a presentarlo. E’ un messaggio forte e diretto all’ascoltatore, che parte dolcemente avanzando come tu dici, come una marcia. Continui crescendo e descrescendo orchestrali che stanno a trasmettere l’angoscia del ragazzo, completamente stordito dagli eventi che lo travolgono. Un ritornello quasi giocoso che esprime la sua lotta interiore cita: “L’uccello bianco nella gabbia desidera fuggire per cercare una gabbia più grande e confortevole”. Una tromba dà voce al “White Bird” che urla e scalpita irrequieto all’interno della gabbia, in attesa di essere finalmente liberato».
Quando nasce la tua passione per la musica elettronica ed orchestrale?
«Sei anni fa. Ho un passato parecchio arrabbiato, colorato dai tipici suoni aggressivi ed articolati del progressive metal. Sono effettivamente un grande fan dei Dream Theater, che hanno costituito la fetta più grande della mia formazione musicale. Le soundtrack mi hanno sempre affascinato ed ho sempre trascorso ore ed ore a lasciarmi affascinare e trasportare in altri mondi, da quelle atmosfere e da quelle melodie così magnetiche. La musica elettronica è entrata un po’ dopo a far parte della mia vita, appunto come dicevo prima, circa 6 anni fa, dopo aver ascoltato “Everything” dei Safri Duo. Da allora non ho potuto più fare a meno di quei suoni così affascinanti e beat incalzanti. Ogni notte adoro addormentarmi così».
Quali sono per te i migliori compositori di musica elettronica e di musica orchestrale di oggi e del passato?
«Ascolto veramente tanta musica che appunto spazia dalla colonna sonora, al rock, al blues, all’rnb, al jazz fino ad arrivare all’elettronica. Mi piace parecchio anche la deep house e la tribal house. Ho una mente aperta e non mi precludo nulla che possa contribuire alla mia continua crescita musicale. Se dovessi nominare alcuni degli artisti che hanno fatto, e che fanno attualmente parte delle mie influenze citerei senza dubbio: Bonobo, Nicolas Jaar, Jan Blomqvist, Safri Duo, Moderat per quanto riguarda l’elettronica; Hans Zimmer, James Howard, James Horner, Ennio Morricone, Alexander Desplat, Trevor Jones per la colonna sonora».