I The Playmore irrompono sulla scena musicale con Pump Rock (per l’etichetta romana Quadraro Basement) album d’esordio anticipato dal singolo Things. Vulcanici ed esplosivi, ironici e solari, i The Playmore – Pie, Gian, Brogio e Marfz – nascono a Napoli nel marzo del 2012 e grazie ad un tour promozionale in poco tempo fanno conoscere la loro musica.
Pump Rock un’esplosione che trascina. Il dico è stato realizzato con l’obiettivo di creare un live show coinvolgente, capace di far saltare e ballare il pubblico grazie alla straordinaria potenza del rock. L’album dei The Playmore non è altro che il frutto di anni di composizione, di storie di vita che s’intrecciano, di lacrime e di gioie, della speranza che trova nella musica una fedele compagna e una musa ispiratrice che accoglie sempre ogni impulso di vita.
Pump Rock lascia spazio ad un’immaginazione non a caso, rock. Come nasce questo motivo ispiratore?
«Pump Rock nasce dall’idea di legare la potenza del rock a groove di basso e batteria che spingano a “muovere il culetto” ballando. Il motivo risiede, sostanzialmente, nella nostra energica attitudine live ed in una certa ironica solarità, che inevitabilmente viene fuori non appena ci troviamo insieme nel raggio di pochi metri….!»
Pie, Gian, Brogio, Marfz. Quattro giovani artisti che si sono dati nome d’arte The Play More. Una decisione motivata da quali sensazioni?
«Il nome The Playmore è legato al concetto di crescere continuamente, ad un “andare oltre” che è una costante della vita e della musica. Ogni evento che si para dinanzi a noi è una nota: ci basta stare a guardarla o vogliamo anche farci altro?»
Qual è il messaggio che volete regalare al cuore di chi ascolta il vostro sound?
«Più che regalare un messaggio, vorremmo creare un rapporto con chi ci ascolta! Internet fornisce indubbiamente delle opportunità, ma uno dei rischi è che si stabiliscano contatti effimeri o spersonalizzati. Chi ci ascolta non ha idea di quanto sia importante per noi sapere che effetto gli ha fatto Pump Rock e che messaggi ne ha tratto.»
Una band tutta partenopea. Quanto c’è della bella Napoli nel vostro ritmo?
«La domanda si collega a quanto abbiamo appena detto: ascoltate il disco e ditelo voi a noi! Pump Rock ha chiaramente un’impronta british e americana, noi ci abbiamo messo la nostra solarità, il resto sta a voi dirlo!»
Il 3 giugno è uscito l’album d’esordio Pump Rock. Quanto c’è di personale nell’intreccio delle storie di vita che raccontate in musica?
«Le 11 storie raccontate in Pump Rock hanno molto di personale ed alcuni brani sono l’effetto immediato di emozioni forti o di eventi strampalati fluiti direttamente in note e testi: Addicted, ad esempio, nasce da un fraintendimento, seguito da un tentativo di svaligiamento di casa di Pie, il nostro cantante, da parte di una sua ex coinquilina. Altri brani, come Thigs o Fat in Milan, in cui rappresentiamo le ossessioni per gli oggetti, per le cose o ironizziamo sui paradossi della moda, nascono come un “assorbire ciò che pulsa nel mondo e restituirlo al mondo in formato canzone”.»