The Dissident di Bryan Fogel è disponibile in esclusiva su MioCinema. Si tratta di un film racconta la storia dell’omicidio del giornalista del Washington Post Jamal Kasshoggi: un documentario sconvolgente che tratta di un’indagine dettagliata che mette a nudo le colpe del regime saudita e che commuove portando sul grande schermo la vicenda umana, oltre che politica, di un grande giornalista che ha sacrificato tutto quello che aveva in nome della libertà di parola.
The Dissident è una storia di denaro, tirannia e tecnologia fuori controllo che mostra i meccanismi del potere ai più alti livelli, denunciando il labirinto di falsità dietro cui si nasconde l’assassinio del giornalista offrendo un impressionante numero di filmati inediti e testimonianze esclusive portate dalle persone più coinvolte nella vicenda.
Al centro del film c’è la figura di un riformatore di sani principi che cerca di far nascere una società più giusta e più aperta nel suo paese d’origine.
Finanziato dalla Human Rights Foundation.
Il regista Bryan Fogel racconta di cosa l’ha spinto a realizzare The Dissident. «Mentre emergevano i dettagli della storia dell’assassinio di Jamal Khashoggi — tra il 2 ottobre, quando è entrato nel Consolato saudita e il 20 ottobre, quando l’Arabia Saudita ha finalmente ammesso che era stato ucciso — ho seguito con attenzione tutta la vicenda. Quello che mi colpiva in tutto quello che leggevo era riassunto nella frase “Chi è questo tizio?”. Khashoggi era molto conosciuto nella sua cerchia in Medio Oriente — lo si vede in The Dissident — ma tutti noi in Occidente non sapevamo chi fosse né cosa rappresentasse. I primi pezzi sottolineavano solo il fatto che fosse un “giornalista del Washington Post”. La sensazione era che la sua scomparsa fosse rilevante solo perché aveva legami con la testata giornalistica americana. C’era una situazione di parossismo mediatico mentre cercavamo di dare un senso alle ragioni della sua scomparsa e del perché fosse importante. Emergevano storie secondo le quali Khashoggi faceva parte dei Fratelli Musulmani, aveva legami con i terroristi, era un simpatizzante di Al Qaeda. Ho continuato a scavare e ben presto mi sono reso conto che quelle storie erano false, che la narrazione prevalente non rifletteva chi era realmente Khashoggi. Allo stesso tempo, c’erano altri personaggi che circondavano Khashoggi che alludevano a un altro aspetto della storia, a qualcosa che non riuscivamo proprio a capire. Il 18 o 19 ottobre, ho preso la decisione di continuare a esplorare la storia. Corrispondeva a tutte le mie caselle di cineasta: era una storia con un impatto mondiale e celava un’altra storia non raccontata. Qualche settimana dopo la scomparsa di Khashoggi, ho appreso la sconosciuta e sbalorditiva storia di Omar Abdulaziz, uno studente e dissidente saudita residente in Canada con cui Khashoggi stava lavorando. Sono andato in Canada e ho ascoltato la sua versione dei fatti. Lì mi sono reso conto che c’era un avvincente racconto nascosto riguardo all’omicidio che coinvolgeva Omar, uno spyware e la maniacale vocazione del principe ereditario saudita a distruggere chiunque danneggi la sua reputazione».