È uscito ieri, 29 settembre 2016, “The Assassin”, la nuova pellicola di Hou Hsiao-Hsien. Pochissime sono però le sale italiane dove poter andare a vederlo.
Il regista ha regalato una nuova opera da inserire nei film che hanno fatto la storia del Cinema, ma una pellicola fruibile solo a una ristretta fetta di pubblico.
Detto questo il film è un capolavoro e sono i dettagli a renderlo tale.
Il silenzio in primis: ogni secondo del film sembra durare un’eternità grazie a una narrazione silenziosa fatta di inquadrature a camera fissa, assenza di controcampi e un lungo puzzle di scene che si incastrano lentamente. La storia però non si conclude: lo spettatore ricostruisce tutto, tranne il finale. Un finale che si slega dal film per via del suono di una cornamusa che riproduce una canzone popolare cinese.
La Cina medioevale fatta di combattimenti e le scene d’azione promessi dal trailer non fanno assolutamente parte del film. Il montaggio del trailer è pura illusione.
I paesaggi montuosi, le arti marziali vissuto come arti meditative (evidente l’influenza della filosofia dei combattimenti dei samurai di Kurosawa), la grazia degli sguardi e la dolcezza di ogni singola scena sono ciò che rendono la pellicola un’esperienza da non perdere: Cinema.
A Cannes Hou Hsiao-Hsien ha vinto il premio per la miglior regia grazie a questo film. Premio meritatissimo in quanto il regista non insegna cosa sia il cinema, lo fa direttamente. Meritatissimo anche se il suo stesso linguaggio filmico lasci ben poche soluzioni: facile perdere il filo di Arianna per arrivare all’uscita di questo labirinto.
“The Assassin” però strega anche per via di tutte quelle che potrebbero essere definite “mancanze necessarie”. Strega con le sue luci e le sue riprese dei paesaggi che lasciano scontento lo spettatore a causa del limitante (quanto geniale) formato 4:3. In fondo non capita tutti i giorni di soffrire di “claustrofobia della bellezza”.
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