«Agisci in modo tale che gli effetti della tua azione siano compatibili con la continuazione di una vita autenticamente umana». Hans Jonas
La letteratura che denuncia i reati eco ambientali perpetrati da anni nella regione Campania che i romani chiamavano felix per il clima mite ed il terreno ubertoso, è molto vasta. Basti pensare a libri come Monnezza di Stato-Le terre dei fuochi nell’Italia dei veleni di Antonio Giordano e Paolo Chiariello o la serie di scritti di Don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano: Non aspettiamo l’Apocalisse-Madre Terra, fratello fuoco-Vangelo della terra dei fuochi o ancora Campania infelix di Bernardo Iovene.
Anche il cinema, con la potenza evocativa delle immagini si è occupato di tali problematiche come il lungometraggio Terra infelix di Maurizio Giordano, finalista alla 74esima Edizione del Festival del Cinema di Salerno, che racconta tre storie ambientate tra Caserta e Napoli indugiando sulle emozioni e sul malessere di chi vive in un territorio difficile e a rischio salute.
Ecco come il regista racconta la genesi del film: «Tutto nasce dal mio incontro con Raffaele Letizia, intenzionato a raccontare qualcosa di più del suo territorio. Non è mio costume fare film di denuncia anche se poi, raccontando le storie delle persone, vengono fuori i fatti, i numeri e i casi di chi fa i conti con un territorio devastato da certi fenomeni». E prosegue: «Ci sono voluti più di 4 anni per fare il film per trovare i fondi necessari e gli attori adatti. Prima di realizzarlo non avrei mai immaginato che ci fossero tanti casi di tumore in quei territori. Tanti i bambini che ne restano coinvolti ma è difficile anche fare in modo che venga riconosciuta una causa effetto. Abbiamo provato ad inquadrare la realtà da un punto di vista emozionale ma l’analisi è complessa. Spero che il film faccia riflettere e che spinga a comportamenti più consapevoli».
Aggiungiamo che il film è tratto da un soggetto originale firmato Antonio Moccia e Maurizio Giordano e sceneggiato da quest’ultimo con la collaborazione dell’autore siciliano Giancarlo Busacca e del giornalista salernitano Salvatore De Napoli.
Ed il film raggiunge in pieno gli obiettivi prefissati per qualità della narrazione, potenza delle immagini, capacità attoriali e registiche.
Le tre storie di sofferenza vengono narrate da una giornalista appassionata e testarda che indaga alla ricerca di prove inconfutabili e testimonianze del disastro ambientale consumato in oltre 60 comuni campani dove sono stati sversati per anni rifiuti altamente tossici. La vita apparentemente normale delle persone che risiedono in quei territori viene sovvertita dalla presenza ingombrante delle eco balle, dall’immondizia che prolifera ai lati dei marciapiedi, dalla consapevolezza che le eccellenze campane, in particolare gli allevamenti di bufale e di mele annurche, saranno a breve uno sbiadito ricordo. La terra che possiede un’anima, un respiro, una profonda vitalità pian piano si trasforma da felix a infelix e questa mutazione colpisce tutti perché tutti siamo parte integrante del ciclo della vita.
La voce narrante ammonisce: «Nella vita non dipende tutto da te. Il nostro destino è indissolubilmente legato al contesto». Ed il contesto viene manipolato, confuso e trasformato in un territorio che genera malessere, malattia, piaga, cancro. Ma le ferite devono essere ri-pulite e ri-sanate proprio dal nostro attaccamento a quel territorio con quell’amore tenace, attento per la terra nella quale siamo nati.
Il principio che teorizzò negli anni ’70 Hans Jonas ovvero quello della responsabilità che consiste nella capacità di assumere le conseguenze morali delle proprie azioni rende ancora più drammatico il destino della Terra dei fuochi perché quando la responsabilità cede il passo agli interessi economici in un clima di omertà e di negligenza, tutta la comunità paga un prezzo altissimo, pregiudicando anche il futuro delle nuove generazioni.
Numerose le immagini del film che restano nella memoria: Don Corticello che durante la Messa dona ai fedeli un pugno di terra, Margherita che confessa al fidanzato di avere un tumore ed il suo corpo livido all’obitorio, il Commissario Maura Manzoni che rivolge al suo superiore la domanda che dovremmo porci sempre: “Che cosa è lo Stato per te?”, il corpo di don Raffaele bruciato in una discarica, il volto da sfinge di Donna Amalia. La cinepresa indugia anche sulla bellezza di questo territorio devastato e martoriato: la visione aerea dell’Anfiteatro di Capua, testimone di antichi splendori tali che permisero a Plinio il Vecchio l’uso di un solo aggettivo felix per descrivere non solo la bellezza dei luoghi ma anche la fortuna di vivere in questi territori.
Attraverso dissolvenze, sovrapposizioni di immagini ed inquadrature su corpi sdraiati come cadaveri e sfruttando appieno la luce naturale dei luoghi il regista Maurizio Giordano rende partecipe lo spettatore della sua tensione emotiva a cui non si sottraggono neppure gli attori alcuni dei quali non professionisti ma che possiedono la fisique du role per interpretare al meglio i personaggi: Raffaele Letizia,Annalisa Bove, Maria Teresa Carpinone, Raffaella Aloisi, Maria Grazia Di Maria, Franco Orabona, Raffaele Pesce, Silvana Virgilio, Ermanno Di Sandro.
Le musiche originali di Filippo D’Eliso sottolineano con efficacia i momenti più significativi del film.