In scena, al Teatro Mercadante di Napoli, Pamela Villoresi in Seagull Dreams – I Sogni del Gabbiano, adattamento da Il Gabbiano di Cechov di Irina Brook che ne firma anche le scene e i costumi, con Geoffrey Carey, Giuseppe Bongiorno, Vincenzo Palmeri, Monica Granatelli, Giorgia Indelicato, Giuseppe Randazzo e la partecipazione in video di Miguel Gobbo Diaz; una produzione Teatro Biondo di Palermo in collaborazione con Dream New World-Cie Irina Brook (repliche fino a domenica 17 dicembre).
Scritto nel 1895 e, al suo tempo, flop clamoroso, Il Gabbiano rappresenta una delle vette più alte del genio di Cechov, nonché uno tra i più grandi capolavori di fine Ottocento-inizi Novecento. In esso l’autore si interroga sulla funzione dell’Arte e, nella fattispecie, di quella scenica nella vita dell’Uomo e sulla necessità di trovare nuove forme e nuovi linguaggi, in uno scorcio di secolo quanto mai nebuloso e oscuro. Il tutto si riflette sul tormentato rapporto madre/figlio, lei (Arkàdina) attrice di fama, presa più da se stessa che dalle premure di madre, lui (Kostja) giovane irrequieto, ansioso di mostrare e far apprezzare la sua nuova forma d’arte che la vecchia generazione deride perché ancora non la capisce. Tra loro due s’innesta l’amore vacuo e interessato tra Trigorin, apprezzato scrittore, nonché compagno di Arkàdina, e Nina, giovane fidanzata e attrice di Kostja, la quale crede di scegliere la via più breve per il successo, ma che alla fine scoprirà di essere stata soltanto usata, un gabbiano ferito a morte dal cacciatore Trigorin. Non meraviglia, dunque, che un testo del genere Irina Brook lo sentisse come suo, lei figlia di Peter Brook (tra i più grandi registi del secondo Novecento, scomparso un anno fa) e dell’attrice Natasha Parry. In esso lei vede un’intensa ed emozionate riflessione sul teatro, inteso come laboratorio dei sentimenti e della vita, come palcoscenico delle dinamiche di una famiglia di attrici e drammaturghi, di una compagnia.
«Seagull Dreams è una versione decostruita e intima de Il gabbiano di Čechov – spiega Irina Brook – creata per il Teatro Biondo di Palermo, con gli allievi di quella scuola. Attraverso i testi e le emozioni della mitica commedia di Čechov, sviluppo i temi legati al rapporto tra “Vita e Teatro”: la vita nel teatro, il teatro nella vita. Essa parla del nostro mestiere con tutto l’amore appassionato e la crudeltà disperata che può suscitare. Al centro ci sono i temi ineludibili del successo e del fallimento, la necessità di vivere una vita di creatività, e la più distruttiva delle malattie avvertite dagli artisti: il bisogno dell’approvazione».
A dare corpo e voce al capolavoro cechoviano troviamo, dunque, giovani promesse dello Stabile di Palermo, tra i quali vale la pena citare soprattutto Vincenzo Palmieri, nei panni di Kostja e Giorgia Indelicato, in quelli di Nina, capitanati dal talento vulcanico di Pamela Villoresi che traccia una Arkàdina ancora perfettamente in forma, capace di toni delicati ed intimistici seguiti da slanci istrionici da grandi dive di un tempo. A darle man forte, col suo italiano molto british e il suo immancabile humour, Geoffrey Carey (Sorin), attore iconico della Brook. La quale disegna scene evocative e costumi di grande eleganza, per uno spazio scenico aperto (incontriamo gli attori sulla scena che fanno riscaldamento, a sipario alzato, mentre il pubblico prende posto in sala), pronto ad accogliere e restituire ciò che v’è di più importante per un’opera d’arte: la vita.