Nasce dal bisogno irrefrenabile, del cantautore Andrea Tartaglia, di esternare il proprio groviglio di pensieri e di emozioni “Oltre”, il nuovo album della band Tartaglia Aneuro, prodotto da iCompany con il sostegno del progetto “Sillumina – Copia privata per i giovani, per la cultura – Bando nuove opere” promossa da SIAE e Mibact. “Oltre” che contiene 11 trascinanti brani si distingue per tre featuring Daniele Sepe, O’ Zulu’ e Ciccio Merolla. Con parole pungenti i Tartaglia Aneuro comunicano quel malcontento nei confronti di certi politici ed imprenditori, spronano a non demordere di fronte agli ostacoli e alle difficoltà e declamano l’invito a rialzarsi e a rinascere, rivolgendo lo sguardo verso quell’oltre che indica la strada che conduce alla verità. “Oltre” traghetta l’ascoltatore lungo un viaggio musicale affascinante tra il rap, il pop, il rock, il jazz, il folk, la musica popolare e sonorità etniche, regalando una singolare carica di energia. È il secondo album dopo “L’errore” il disco d’esordio dei Tartaglia Aneuro, la band fondata nel 2012 da un’idea del cantautore Andrea Tartaglia, che ha richiamato intorno a sé il chitarrista e compositore Paolo Cotrone, il bassista Mattia Cusano, il percussionista Salvio La Rocca e il batterista Federico Palomba. Cinque musicisti ispirati dai suoni di differenti popoli ed etnie ed uniti dall’amore nei confronti della propria terra, i Campi Flegrei.
Il singolo “Oltre” che dà il titolo al disco incoraggia a non lasciarsi condizionare da alcuna forma di pregiudizio, ma a guardare oltre. È un messaggio incisivo!
«Spesso restiamo imprigionati dalle convenzioni e da ciò che gli altri pensano di noi. Bisogna essere coraggiosi, poiché ci sono angoli nascosti dentro di noi che non conosciamo. Quindi, il messaggio che vogliamo comunicare è cercare la direzione verso noi stessi».
Dal punto di vista musicale “Oltre” è un pezzo con una base rap, in cui la musica rock si intreccia con una melodia pop e con un finale dalle sonorità etniche…
«Abbiamo cercato di sviluppare quella musica che ci rappresenta, mescolando le varie correnti moderne con sonorità che sono parte delle nostre culture da secoli, per dare ai brani la nostra impronta».
“O Lion” è un brano jazz, con una riflessione sul coraggio dell’uomo che affronta con determinazione le avventure quotidiane nella giungla, cioè la nostra società. È la metafora dell’uomo moderno?
«Sì, noi viviamo in una giungla. Ci siamo chiesti come mai l’uomo sia l’unico animale capace di andare contro natura e contro se stesso, e siamo arrivati ad una conclusione: l’uomo è l’unico in grado di costruire gabbie sia psicologiche che materiali. L’animale assomiglia all’uomo quando è ingabbiato e, l’uomo è l’unico che riesce ad ingabbiare un animale. Ogni creatura vivente solo quando è libera può esprimere al massimo il proprio potenziale, ma se ingabbiata diventa depressa o pigra».
“Zucasang” è una critica tagliente rivolta ad una determinata classe sociale. Chi sono oggi i Zucasang?
«Sono i datori di lavoro, i banchieri, i manager, gli imprenditori. Tutti coloro che si arricchiscono sulla fatica degli operai. Il brano vuole anche richiamare coloro che risucchiano le energie degli altri, infatti ognuno di noi è un potenziale Zucasang».
In “Zucasang” c’è l’intervento del sassofonista Daniele Sepe. Il pezzo è un incrocio di generi diversi, la musica popolare, il rock, la musica etnica e il reggae…
«Ci siamo divertiti, ogni sonorità si rapporta al concetto che intendiamo esprimere. Daniele Sepe è un amico e siamo legati artisticamente. In passato abbiamo condiviso tante soddisfazioni, come il successo per “Le Range Fellon”. Sepe ha impreziosito “Zucasang” con il suo sassofono. È un musicista eccezionale che mi ha arricchito in questi anni, direi che è stato un mentore».
“Leggi armate” un pezzo rock con la partecipazione di ‘O Zulu’, è una denuncia contro la classe politica che conquista il potere con il consenso degli elettori, usando discorsi demagogici e false speranze. Siete la voce di un popolo oramai stanco?
Il consenso viene spesso ottenuto dai politici attraverso imposizioni che si presentano come “leggi armate”. Leggi emanate a loro favore, per farci schiavi del loro potere, cercando di impedire un nostro giusto dissenso. È importante ricordare la collaborazione in “Leggi armate” di ‘O Zulu’, un fratello per me. Quando ero piccolo ho sempre stimato e apprezzato i 99 Posse. ‘O Zulu’ è una persona stupenda. “Leggi armate” è stato scritto tre anni fa quando ancora non lo conoscevo, ma la tematica gli era affine, quando gli ho proposto l’idea ha accettato subito ed ha scritto la sua parte nel brano.
“La Fenice” è una fusione tra musica rock, etnica, folk in cui eruttate il vostro sfogo e recitate il desiderio di rinascere. È uno dei brani più rappresentativi?
L’uomo nel brano viene paragonato alla Fenice, questo uccello mitologico, che rinasce dalla cenere, così anche l’uomo rinasce più volte nel corso della sua vita. Come si recita nella frase finale: “siamo figli dei vulcani e questo lo si può vedere, che abbiamo nel DNA il rinascer dalla cenere”, siamo destinati in maniera primordiale alla rinascita e siamo tutti delle fenici.
“Intro della Sibilla” un brano strumentale di musica etnica in cui il flauto incontra le percussioni del musicista Ciccio Merolla…
Sì, il chitarrista Paolo Cotrone appassionato di musica giapponese ci regala una sonorità calda, suonando un shakuhachi, un flauto giapponese. “Intro della Sibilla” intende essere una sorta di evocazione ed intro al brano “La voce de stregoni”. È inoltre un omaggio alla nostra terra, a Cuma infatti c’è l’Antro della Sibilla, una galleria di epoca greco-romana, luogo dove la Sibilla proferiva i suoi oracoli. Il grande musicista Ciccio Merolla ha poi arricchito il pezzo suonando il tar iraniano e due strumenti a percussione disegnati da lui.
“Respira cumme’” è un incontro tra pop e canto popolare, una dichiarazione della vostra passione per la musica. Nel finale attraverso l’intreccio di chitarre sembra quasi che vi stiate ossigenando…
Sì, è come riscaldarsi e poi correre. Il pezzo vuole spronare noi stessi e gli altri ad entrare in contatto con il nostro respiro, base del nostro benessere, come insegnano le filosofie orientali. Spesso noi occidentali siamo in preda all’ansia, ma una buona respirazione può ossigenare il cervello. Soprattutto quando si respira e si soffia tutti insieme allora le energie si allineano, portando dei cambiamenti anche rilevanti.
“Crateri” è un rap con sonorità folk. I crateri siete voi?
Sì sicuramente i crateri siamo noi, ma siamo anche la lava. Ognuno scava dentro di sé per cercare direzioni verso cui andare, per cercare quei crateri dai quali esplodere. Il brano che anticipa “La Fenice” rappresenta la cenere prima della rinascita, infatti il riff di chitarra finale somiglia ad un pianto, per una presa di coscienza.
Da quali suoni vi lasciate ispirare ed influenzare?
Siamo attratti dalle musiche popolari ed etniche del mondo infatti utilizziamo strumenti come ad esempio il daf, il cui suono si avvicina a quei suoni primordiali ed ancestrali, che permettono di entrare in contatto con la natura e con la nostra anima, ciò che invece la nostra società impedisce.
Puoi darci qualche anticipazione sui prossimi live?
Il 28 aprile saremo a Bari, il 29 aprile ci esibiremo all’anteprima del Meeting del Mare a Sapri e il 12 e il 13 maggio al Disco Days a Napoli.