Giovedì 17 agosto, in seconda serata, su Rai 2 per Teatri aperti va in onda Miseria e Nobiltà la versione televisiva dello spettacolo diretto da Luciano Melchionna, con Lello Arena nei panni di Felice Sciosciammocca.
La ripresa dello spettacolo, diretta da Barbara Napolitano, è stata realizzata presso l’Auditorium della Rai di Napoli nell’estate 2021; in scena ci sono: Lello Arena, Maria Bolignano, Raffaele Ausiello, Veronica D’Elia, Marika De Chiara, Andrea de Goyzueta, Alfonso Dolgetta, Sara Esposito, Carla Ferraro, Luciano Giugliano, Irene Grasso, Fabio Rossi, Anna Rita Vitolo, adattamento a cura di Lello Arena e Luciano Melchionna.
La mia versione di Miseria e nobiltà – afferma il regista Luciano Melchionna – ha il sapore del passato, del presente e del futuro coniugati insieme, in modo organico, alla ‘blade runner’ come lo definisce Barbara Napolitano che ha curato la regia televisiva, privilegiando lo sguardo dal basso del pubblico, attraverso piani sequenza che assecondano il dialogo, accompagnando dentro la scena gli spettatori, per farli vivere, come a teatro, con i personaggi scolpiti nella loro individualità. Non più comunità, dunque, i caratteri che incontriamo in questa piece capolavoro, ma anime sole, fragili, abbandonate a sé stesse e più che mai agguerrite, determinate a restare a galla a tutti i costi, specie in questo teatro/mondo post pandemico. Sempre travestiti da qualcos’altro, i personaggi del mio Miseria e nobiltà inventano mille stratagemmi pur di soddisfare l’urgenza di una fame non più solo di cibo ma anche di visibilità, riscatto, prestigio, sesso, amore, condivisione, tregua dai problemi della sopravvivenza.
Nella mia idea i personaggi sono tutti travestiti. Chi si traveste da intellettuale e chi da divo, seppur mancato, chi da potente e chi da nobile, e così via, calandosi nei panni di ciò che sono costretti ad interpretare per contrastare (i miseri) o avallare (i parvenus) la disuguaglianza e l’ingiustizia sociale – argomento di grande attualità, purtroppo – ingegnandosi ad aderire a quegli stereotipi con la creatività e l’energia tipica di un mondo abituato alla resilienza creativa, scoppiettante e geniale.
All’apertura del sipario, troviamo un’ambientazione cupa, dark, le fondamenta di una costruzione abbandonata dove i personaggi si muovono goffamente tra ferri e immondizia, come tanti topi e scarafaggi, scatenando anche per questo ilarità, inaspettata, nel pubblico. Un colpo di teatro ci svelerà, poi, nel secondo tempo, il palazzo nobile che poggia proprio su quelle fondamenta, e il pavimento, assemblato a vista, seppellirà quella condizione di miseria senza cancellarla. La miseria nella mia regia è, visibilmente, la base su cui poggia la ricchezza, infatti, è il tassello insostituibile che, tirato via, farebbe crollare tutta la costruzione.
Una sfida impegnativa e coraggiosa, dunque, questa regia, un’avventura divertentissima per me e per i miei meravigliosi attori con i quali ero reduce da una tournée di sei anni con Parenti serpenti, e per i quali sembrava scritto su misura questo testo. Gli interpreti vi sorprenderanno per il loro affiatamento e per la comicità filtrata dalle mie invenzioni di regia, sempre in bilico tra reale e surreale così come la vita insegna, sotto un cielo/tendone da circo tempestato di stelle/proiettori che illuminano gli inciampi e le gag esilaranti degli esseri umani, miseri e nobili, sì, ma proprio e semplicemente in quanto tali.
Per un’attrice napoletana – dice Maria Bolignano – avere la possibilità di interpretare il personaggio di Luisella è già una grandissima fortuna, in più farlo nella versione visionaria di Luciano Melchionna è stato un dono vero e proprio. Luisella qui è una donna che ha vissuto la sua vita incarnando la “cattiva” di turno, la donna che (forse) ha strappato un uomo da sua moglie legittima, che ( sembra ) non amare il piccolo Peppeniello, che si scontra ogni giorno con il resto dei morti di fame con cui condivide il posto in discarica ( questa è la location del primo atto) e che , volente o nolente, rappresentano la sua famiglia di adozione. Nella realtà è una donna rifiutata da tutti e tutto proprio perché integra nella sua meschina umanità. Sarà l’unica ad essere veramente se stessa fino alla fine, a differenza di Concetta, Pupella, Pasquale e soprattutto Felice, che, invece, arrivati in casa Semmolone insceneranno una rappresentazione tanto surreale quanto penosa pur di soddisfare la loro fame. Fame non solo di cibo. Come attrice posso solo aggiungere che per me lavorare a questo personaggio è stato fantastico perché in un solo spettacolo sono riuscita a lavorare sul drammatico (I ATTO), sulla performance ( nel secondo atto resteró rintanata sotto la dimora dei ricchi come un topo solitario alla ricerca del cibo) e sul comico ( II Atto). Se vi aspettate Totó resterete delusi ma se vi aspettate di vedere un Miseria e Nobiltà come non lo avete mai visto ( pur nel rispetto del testo scarpettiano) rimarrete a bocca aperta.
Una rilettura originale e coinvolgente del capolavoro di che – come ogni classico – sa dirci ancora tanto dei tempi in cui viviamo.