Roberto Herlitzka (Nastro d’argento 2013)interpreta il celebre mito di uno degli uomini più discussi, amati e denigrati del XVIII secolo: Giacomo Casanova.
Nella scrittura di Ruggero Cappuccio (Premio Napoli 2011),il gentiluomo veneziano, icona della seduzione, si confronta con cinque donne che, nel tentativo di far capitolare l’inossidabile libertino, ne svelano invece la grande capacità di comprendere e amare il gentil sesso. Al Teatro Arcobaleno fino all’8 febbraio.
Dopo il successo ottenuto con Il Soccombente di Bernhard, con la regia di Nadia Baldi, Roberto Herlitzka, porta in scena il modernissimo mito di Giacomo Casanova. La notte tra il tre e il quattro giugno del 1798, Giacomo Casanova sospetta di dover morire. Il gentiluomo veneziano, chiamato ad incarnare il mito vivente della seduzione, è ospite da tredici anni nel castello di Dux, in Boemia, dove il conte di Waldestein gli ha assegnato il posto di bibliotecario di palazzo. Dalle prime ore dell’alba una sequenza di indizi che la sua intuizione mette in ordine sembrano annunciare l’avvicinarsi del passaggio fatale. Un maggiordomo gli annuncia l’imminenza di una festa da celebrare per il giorno seguente senza fornire alcuna motivazione. Al castello sono attesi ospiti provenienti da tutta Europa, è necessario che Casanova ceda il suo appartamento per essere destinato ad una destinazione più modesta. Giacomo ha compiuto settantatre anni un mese prima, ha festeggiato il suo compleanno brindando a se stesso con un calice di acqua gelata, riflettendo la sua immagine in uno specchio opaco che sormonta il camino del suo studio. Da quel giorno è ammalato; e adesso trascina la sua valigia attraverso i vasti corridoi del castello di Dux, dove riecheggiano i mille passi di scrittori che lo precedono, lo indirizzano, gli consegnano chiavi che non aprono alcuna porta. La febbre lo assale con zaffate di brividi che si alternano a vampate perentorie. Intorno alla mezzanotte Casanova entra in una camera completamente avvolta dal buio.
La porta dietro di lui si chiude e malgrado le sue proteste non è più possibile riaprirla. La progressiva assuefazione dei suoi occhi alla profonda penombra rivela la presenza silenziosa di cinque che lo ricevono rapprese in una inquietante immobilità. Giacomo cerca di scalfire il loro mutismo: motteggia, aggredisce, provoca. Inizialmente solo una tra le signore velate, denominata La Straniera, gli parla, domandandogli chi sia. A
ccerchiato dal mistero inquisitorio delle singolari creature che lo circondano, Casanova nega di essere Casanova. Le altre donne che progressivamente accettano di parlargli producono un’atmosfera generale da tribunale del giudizio definitivo. Ma quali sono i reati contestati? Quale sarà la pena? Perché Casanova rifiuta di rivelare e pronunciare il proprio nome? Chi è La Straniera che lo tortura e lo esalta con i suoi silenzi e le sue parole e che non vuole rivelare la sua identità? La regia di Nadia Baldi si muove su un binario onirico e senza tempo, costruendo in un “non luogo o luogo della memoria” personaggi femminili apparentemente freddi ma pieni di carnalità e ambiguità.
E’ la realtà che cede il testimone all’immaginazione. La scrittura di Ruggero Cappuccio dà vita ad una velenosa, dolce, sincera partita a scacchi in cui brillano e si muovono i perni dell’identità di uno degli uomini più discussi, amati e denigrati del XVIII secolo. Il velo di seduttore vanesio che ricopre Casanova presso l’immaginario collettivo consolidato, cade inesorabilmente e rivela un grande autore, un uomo che scrive con rarissima e affilata modernità, che ama le donne e ne incontra carnalmente un numero di gran lunga inferiore rispetto alla superficiale moltiplicazione attribuitagli.
Soprattutto, Giacomo Casanova, si manifesta tra le pieghe dell’Histoire de ma vie, la luminosa autobiografia in cui si materializza la sua grande capacità di ascolto per le sue amanti, l’assenza di ogni gelosia che ne comprima la vita, la straordinaria capacità di scegliere creature che padroneggino la propria espressività erotica, e infine la concretizzazione di un piacere esente da conflitti e limitazioni mentali borghesi. Il confronto con le donne nella stanza remota del castello di Dux innesca tenerezze e autoironie, mentre Casanova insegue, in quello che potrebbe essere l’ultimo appuntamento con la sua vita, l’idea di un se stesso che si realizza solo attraverso l’armonica condivisione del profondo con l’altro e con gli altri.
Praticamente perfetto!!! Il teatro è vivo! Il teatro non è solo un vano ricordo! Ruggero Cappuccio scrive su misura questo Casanova in cui il nostro Roberto Herlitza, si immerge totalmente incarnando in pieno il solo ed unico protagonista; immenso nella sua fatica fisica e mentale, frutto di una vita di gioie e dolori, malattie. Silenzio totale in sala e brividi alla battuta: “Io sono uno scrittore”, proprio ad affermare di essere uomo libero, con i suoi difetti e pregi ma in primis “libero”.
Da vedere e rivedere!