In scena al Teatro Sannazaro di Napoli “Squalificati” del drammaturgo catalano Pere Riera, con la traduzione di Inès Rodrìguez e Joan Negriè e la regia di Luciano Melchionna. Il regista che ha vinto il Golden Graal nel 2008, ha ottenuto un enorme successo di critica e di pubblico con lo spettacolo “Dignità Autonome di Prostituzione”, consacrandolo e dandogli così il giusto riconoscimento per il suo innato talento artistico.
“Squalificati” è costruito come un thriller avvincente, una partita a tre che vede in scena su un ipotetico ring la giornalista rampante (Stefania Rocca), il presidente del consiglio (Andrea de Goyzueta) e il suo segretario personale (Fabrizio Vona), impegnati in un gioco al massacro senza esclusione di colpi. La giornalista deve intervistare il Presidente Vittorio Bosco e chiedergli anche a nome del suo elettorato se le accuse di pedofilia, lanciate contro di lui, siano fondate oppure no. Mentre Silvia si sta preparando per l’intervista riceve una telefonata da parte del marito che la informa della figlia minorenne arrestata davanti alla scuola per spaccio di droga. Giordano il segretario le prospetta la possibilità di bloccare subito la divulgazione della notizia, che potrebbe nuocere sia alla sua immagine che a quella del Presidente, a patto però di usare nell’intervista toni più pacati e conciliatori rispetto a quelli bellicosi che la animano. Chi vincerà la partita?
Il politico senza scrupoli che si appella al diritto inalienabile di avere una sua propria vita privata, o la combattiva giornalista in nome del principio secondo il quale la libertà di stampa non può essere soggetta a limitazioni e censure di nessun tipo.
I temi trattati sono molteplici: l’etica professionale,l’arroganza del potere,il concetto di morale e di normalità, la schiavitù dalle convenzioni, il ruolo invasivo dei Mass media, la mercificazione dei sentimenti. Gli interrogativi che affollano la mente dopo la visione dello spettacolo sono tanti. In nome di un ipotetico e discutibile “benessere -progresso” è giusto uniformare le coscienze fino ad anestetizzarle e annullare la libertà individuale, lasciando spazio alla menzogna e mistificazione?
Il regista ha il merito di aver portato sulla scena un testo che rappresenta appieno lo specchio dei nostri tempi. É evidente il riferimento ad accadimenti politici italiani particolarmente scabrosi non molto lontani nel tempo. La cifra stilistica è lucida e asciutta, a tratti drammatica, lontana dagli stereotipi classici. Le musiche di Riccardo Regoli sottolineano sapientemente la cupa atmosfera, veicolando gli stati d’animo dei protagonisti. Molto funzionali i tre moduli scenici di Roberto Crea ,che rendono bene l’incomunicabilità che divide i tre interpreti. I costumi sono di Milla.Il finale dello spettacolo attraverso le parole della giornalista russa Anna Politkovskaya (L’unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede) e quelle di Sandro Pertini (La libertà senza giustizia non è che una conquista facile) vuole essere un monito per le nuove generazioni a non mollare.
La produzione è dell’Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro in collaborazione con il Festival Teatrale di Borgio Verezzi 2018.Convinti applausi da parte del pubblico alla prima.