Space Runners di Daniele Federico è un libro che lotta contro il tempo: le pagine scorrono via veloci, ma le emozioni evocate dai tanti dialoghi presenti rallentano le emozioni.
La storia e il genere letterario sono classificabili come fantascienza, ma l’esiguo numero di pagine e lo stile dell’autore riescono ad andare oltre una semplice catalogazione da scaffale.
La trama è molto semplice e, a mio avviso, il segreto è tutto nell’immediatezza con cui Federico presenta al lettore i suoi personaggi. Viene facilissimo scambiare questo testo per una sceneggiatura.
Da una parte sarà che lo scrittore è abituato a un linguaggio cinematografico dato che lavora nella settima arte, dall’altra invece ritengo la sua una scelta ben ponderata e originale.
Tutto è raccontato attraverso le parole di chi vive e non di chi assiste a questa vita. Le curiosità mediche, lo spingersi oltre i limiti umani, l’amore che cambia il corso degli eventi, la sofferenza… sono tutte “emozioni con cui sono accompagnate le parole” dei dialoghi.
Daniele Federico ci mostra due personaggi principali che, apparentemente, non hanno niente da perdere. Servirà un viaggio nello spazio per permettere loro di viaggiare anche nei loro corpi menomati, nei loro cuori cambiati che non guardano più il mondo come prima.
Il protagonista di “Space Runners” è stato chiamato dall’autore Daniel e, a mio avviso, questo non è del tutto un caso.
Non voglio svelare cosa accade nella storia, sottolineo però tre passaggi che ritengo fondamentali e che spero portino tutti voi a scegliere di credere in questo libro. e a dedicargli un po’ del vostro tempo.
In primo luogo, Daniel, come ognuno di noi, ha capito e sente di volere qualcosa. Vive di un desiderio forte a cui non riesce a dare un nome. Sfido chiunque a dire di non essersi mai sentito come lui.
Ancora, per quanto non esista un narratore esterno, ma ci siano solo descrizioni di azioni compiute da navicelle, computer e altri aggeggi elettronici, il segreto è tutto nelle “sensazioni tangibili” dei discorsi diretti. Penso sia bello dedicare del tempo a dialoghi simili.
Infine, si parla per tutta la durata del libro di una grave malattia della vista dovuta a “secrezioni oculari”. Chiunque legga il libro capirà dalla prima pagina che si tratta di quelle che noi “umani” definiamo semplicemente “lacrime”.
Spero tutti voi arriviate all’ultima pagina per capire la complessità e il linguaggio che permette al pianto di ampliare le emozioni delle parole.
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