“Sorgenti – Dissonanzen 2024” la rassegna propone un nuovo, interessantissimo appuntamento.
“Un contrappunto dialettico” è il titolo del concerto ascoltato alla Sala Martucci del Conservatorio di Napoli, come prima performance a margine della tre giorni di convegno su “L’Antico e il Moderno per Luigi Nono (1924-2024)”.
Chi fosse Luigi Nono (1924-1990) dovremmo saperlo tutti, e comunque non soltanto gli appassionati di musica colta contemporanea o in particolare quelli di musica elettronica;
né solo gli estimatori della sua corrente più politicizzata, che in effetti il grande compositore veneziano, comunista dichiarato,
ben rappresentò o comunque frequentò e coltivò per una consistente parte della sua carriera.
Si tratta, né più né meno, di uno dei massimi compositori dell’avanguardia musicale secondo-novecentesca.
E tuttavia il rischio di vuoti di memoria culturale, al giorno d’oggi, è dietro l’angolo, oltre al fatto che non è mai male spiegare ai giovani chi abbia fatto cosa, nel passato anche recente.
Dunque quest’iniziativa celebrativa di Dissonanzen rassegna curata dal maestro Tommaso Rossi,
appare molto meritoria, e francamente piace il fatto che sia partito proprio da Napoli,
città che alcuni tacciano di provincialismo e di essere politicamente sonnacchiosa, un omaggio così corposo all’autore di partiture impegnatissime e molto ideologiche,
come “Il canto sospeso”, “La fabbrica illuminata”, “Ricorda cosa ti hanno fatto ad Auschwitz”, o “Como una ola de fuerza y luz”.
Molto apprezzabile e originale, inoltre, è il particolare taglio che è stato proposto in questa occasione:
la disamina del rapporto che Nono aveva con il passato musicale italiano e con la storia della nostra musica antica
(non a caso egli era stato allievo di un pioniere di questi studi come Gian Francesco Malipiero);
rapporto esemplificato da alcune partiture come quella ascoltata in concerto, il “Contrappunto dialettico alla mente, per nastro magnetico” (1967-1968),
dove Nono rielaborò alcuni spunti di un’opera satirica seicentesca del bolognese Adriano Banchieri (1568-1634), e cioè il “Festino nella sera del giovedì grasso avanti cena” (1608).
I termini di questa rielaborazione vanno però opportunamente spiegati e comunque la rielaborazione stessa non va presa alla lettera.
Il concetto di base è desunto dal lessico tecnico musicale, ossia quel “Contrappunto alla mente”,
o contrappunto improvvisativo ed estemporaneo, che consisteva nella tecnica, appresa e detenuta dagli esperti cantori medievali e rinascimentali,
di aggiungere nuove linee melodiche simultanee ad un canto preesistente, o canto fermo, in modo tale da abbellirlo con fioriture e da arricchirlo armonicamente.
Il “Contrappunto” di Nono, che è partitura pertinente all’avanguardia della musica elettronica e che dunque
è stato opportunamente rielaborata nell’esecuzione live da tre bravi allievi della Scuola di Musica Elettronica del Conservatorio (Marco Autiero, Francesco Santagata e Marco Volpicelli),
è “dialettico”, nel senso che gioca sulla dialettica tra un testo letterario, che sostanzialmente denunciava la feroce politica imperialista in Vietnam da parte degli USA,
ed una musica d’avanguardia, che sfrutta ed elabora in modo molto sofisticato sonorità varie, come quelle provenienti dai luoghi e dagli oggetti reali propri della Laguna veneziana (il Mercato di Rialto, la campana Marangona, ecc.), evidentemente cari all’autore.
Viceversa, quello impiegato nel seicentesco “Festino” di Banchieri, partitura vocale vividamente eseguita dal coro Mysterium Vocis diretto da Rosario Totaro, è un contrappunto parodistico, scanzonato oltre che irriverente, che trova la sua cifra più caratteristica nell’alternanza briosa e comica di “generi” tipicamente tardo-rinascimentali:
la “giustiniana”, la “novella dialettale con turpiloquio”, il classico “madrigale”, la “capricciata”, fino all’apoteosi finale del “Cantroponto bestiale”, realizzato con l’onomatopea dei versi degli animali.
Ma il concerto non si è limitato a proporre in successione queste due pagine, distanti l’una dall’altra oltre tre secoli e mezzo ed in effetti diversissime nelle sonorità e nei mezzi espressivi, per quanto accomunate da un sottilissimo intento rielaborativo.
Infatti al folto pubblico presente in sala è stato anche presentato, e come primo brano in programma, la “Parthenòpe disincantata”, improvvisazione elettronica a cura dei predetti musicisti della Scuola di Musica elettronica (Autiero, Santagata e Volpicelli)
che è parsa partitura di non meno impegnativo ascolto di quella di Nono e che, come quella, trova nella voce e nel canto la principale ragione espressiva, ancorché declinate nel senso del mito di Partenope.
Anche qui, come nella Venezia di Nono, a farla da padrone sono le voci proprie ed i suoni provenienti dai luoghi chiave della terra d’origine; ed anche in questa Partenope attuale, come nella Venezia di oggi, l’arcaico mito fondativo appare fortemente scosso e perturbato dalla pervasiva turistificazione. I
l che spiega l’ingegnoso aggettivo del titolo, “disincantata”.