Non so cosa mi aspettassi quando ho avuto l’opportunità di intervistare per la prima volta Son Pascal. Per una serie di coincidenze avevo visto il video di “Amore Ubriaco” a meno di un’ora dal caricamento sul suo canale ufficiale. Conoscevo la storia di Pascal, cantautore italiano famoso in Kazakistan e leggere per la prima volta un titolo nella sua lingua madre non mi ha lasciata indifferente. Poi ho ascoltato la canzone e mi sono sentita brilla, senza pretese, catapultata in un film in bianco e nero. Quando l’ho intervistato Son Pascal mi ha metaforicamente fatto entrare nella dimensione parallela dove lui e l’autore Davide Napoleone hanno composto questo brano semplice. Un’intervista carica di leggerezza: quella di cui tutti abbiamo bisogno.
“Quanto amore sprecato nelle sale da ballo del mondo”: cos’è questo Amore Ubriaco?
«In parole povere? Un manifesto del menefreghismo che ho nei confronti della poetica attuale. Una poetica che, secondo il mio punto di vista, sta a zero. Considerando poi che oggi i cantautori si rivolgono a un pubblico che gioca a Pokemon Go, avevo voglia di dire quello che mi faceva stare bene e mi faceva divertire. Quarant’anni fa lo dicevano con “Una rotonda sul mare”, oggi è nata questa canzone mentre ero nella cantina ben fornita del mio amico e autore (coautore di questo brano, tra l’altro) Davide Napoleone.»
Sei finalmente tornato in Italia con un brano estivo, per nulla “impegnato”. Una scelta non casuale, immagino.
«Si, immagini bene. Nonostante vada tantissimo il cantautorato impegnato, io ho studiato molto più la parte musicale che quella letteraria per quanto riguarda la composizione dei brani. Non so fare Le luci della centrale elettrica e nemmeno Brunori Sas. Non credo di avere i requisiti per farlo né voglio farlo. Amore ubriaco è un esperimento che mi ha permesso di avere questa possibilità in Italia. È stato un momento di scrittura insieme con questo mio amico. Il resto non conta. Io credo fermamente nella verità della musica che sicuramente è in questo brano.»
Non hai quelle che potremmo definire “pretese del cantautore impegnato che sogna di cambiare il mondo”.
«Penso che non bisogna avere tante pretese in generale nella vita, ancora non credo bisogna essere complicati. Battiato c’è riuscito, ma aveva attorno a sé un diverso substrato culturale. Noi viviamo la generazione della superficialità quindi meglio fare solo quello che possiamo fare. Non sono capace di fare il cantautore italiano, quello lo faccio in Kazakistan.»
Il video di “Amore Ubriaco” personalmente non mi è proprio piaciuto, ho apprezzato tantissimo quello di “Men Seni Suyemin”, location bellissima tra l’altro…
«Quella è Paestum, lì ho unito la mia terra alla lingua in cui riesco a esprimermi meglio. Quello sono io in tutto e per tutto. In quel caso ho già trovato una chiave di linguaggio. Per ora con l’italiano sto imparando ancora. Pensa che per me è anche strano suonare davanti a meno di mille persone qui in Italia. C’è una cultura diversa e ho ancora tutto da imparare.»
Come riesci ad essere un ottimo cantautore in una lingua che non è la tua?
«Ho capito nel corso del tempo che non bisogna conoscere per forza una lingua alla perfezione. Ciò che mi ha aiutato è stato il capire culturalmente cosa fa emozionare la gente. È questo quello che io cerco di tramutare in musica. In Kazakistan sono più bravo a scrivere, ho la possibilità di esprimere al meglio queste emozioni.»
Quindi adesso tornerai in Kazakistan dopo questa pausa italiana?
«Certamente. Torno perché il lavoro mi chiama e perché la gente è affezionata a me e io devo onorarla. Ho il privilegio di suonare sempre davanti a tantissime persone e ne sono orgoglioso. Inoltre posso fare qualsiasi cosa senza le scocciature discografiche che esistono nel resto del mondo. In Kazakistan faccio un percorso dove scelgo io tutto dalla A alla Z.»