Slava Polunin ritorna dopo 3 anni al Teatro Bellini di Napoli (a partire dal 14 marzo) con Slava’s Snowshow, il suo fantasmagorico e onirico spettacolo .
Miracoloso guaritore della nostra dolorosa esistenza in una società dalle vuote emozioni propinateci dai mass media, lo Slava’s Snowshow, che rappresenta il mondo magico del clown più famoso al mondo, cattura lo spettatore fin dall’inizio. Un’opera frutto dei vagabondaggi geografici di Slava, considerato il più grande clown del pianeta, fama contribuita anche dalla prima maschera nata dalla mente di Slava, Asisyai, in tuta gialla e pantofole rosse che desta l’emotività del pubblico e lo porta alle interminabili ovazioni ad ogni spettacolo. Qui di seguito un’intervista realizzata a Slava in occasione della sua prima volta al Teatro Bellini di Napoli.
Invidio il suo mondo e la sua anima, che come dice lei, è fatta di sogni, fiabe, fantasie, giochi, immagini, magie, ma è difficile non dare uno sguardo alla realtà. Come ci riesce e quanto è disgustato di quello che succede nel mondo?
«Io vivo in un altro mondo, fatto di magia, gioia, fantasia. Ciò che accade fuori, se non mi piace, e non posso fare niente per cambiarlo, cerco di evitarlo, di non darci attenzione, cercando la mia dimensione, il mio mondo a parte».
Nel vedere un clow, molti bambini restano affascinati, altri impauriti, mentre gli adulti ritornano ad essere bambini e sognano un mondo perfetto alla Slava. Ci può dare una definizione esatta di questo personaggio?
«Il clown è molto sentito dalle persone sensibili e i bambini devono accostarsi a lui con cautela perché potrebbero fraintenderne il messaggio. La parola clown racchiude un mondo enorme, è difficile darne un significato con poche definizioni, il clown è un dottore che guarisce l’anima da paure, insicurezze, disagi. Il clown è un bambino, sincero, che si stupisce, fa vedere come sarebbe il mondo se tutti fossero altrettanto sinceri, ma allo stesso tempo è anarchico, intollerante alle regole, solleva dubbi su tutto. È anche un poeta innamorato del mondo che guarda sempre il cielo e se ne nutre. Ci possono essere mille definizioni perché è un essere dalle innumerevoli sfaccettature. Il clown è gioia e conosce il modo più semplice per comunicare con la gente, e cioè con l’umorismo e la risata».
Come nascono i suoi spettacoli, e come sfida le leggi della fisica?
«I miei spettacoli nascono da giochi semplici, da piccoli episodi, idee, a volte nascono in un giorno, a volta si formano in diversi anni».
Le sue origini risalgono al clown Asisyai, lo porta ancora in giro con sé o è la sua anima nascosta?
«Ho molti sogni, e gran parte di essi li passo ad Asisyai. Il mio personaggio è un esempio del bambino filosofo e possiede molti tratti del mio carattere».
Andando indietro nel tempo e ricorda le sue prime esibizioni, qual è stato il suo primo numero inventato?
«Andavo a scuola, avevo cominciato ad imitare i mimi, poi verso la quinta elementare o la prima media ho creato i miei primi numeri originali».
Come vive e cosa fa nella vita di tutti i giorni?
«Ultimamente sono spesso a casa, al Moulin Jaune, e lì mi ispiro e preparo nuovi progetti».
Una piccola domanda patriottica, cosa le ha colpito di Totò e di Eduardo, e che spunti ha preso da loro?
«Eduardo è un grande autore letterario. Totò è un autore più visivo, interpreta la commedia con la gestualità ed espressioni, è un genio dei movimenti. Ho tutti i suoi film, li guardo e li studio, ma non bisogna dimenticare Pulcinella, vera maschera ispiratrice, quasi una fonte di creatività per me».