Skin e gli Skunk Anansie stanno vivendo un periodo d’oro, soprattutto in Italia. La cantante londinese è stata protagonista dell’ultima edizione di X Factor (“Mi son divertita molto ma è stato un po’ caotico”) e ora ha rimesso in piedi la band per quello che chiamano “terzo matrimonio”. Esce infatti questa settimana il nuovo album “Anarchytecture” con il nuovo singolo Death to The Lovers che torna sui temi dark dell’implosione interiore e dell’euforia nichilista. Love Someone Else ci aveva portato gli Skunk su territori più elettronici e ascoltare tutto il disco non risolve però i dubbi sul genere che la versione refreshed della band ha imboccato. Meglio ragionare fuori dagli schemi, quindi.
Come vi sentite a 20 anni dagli esordi?
«Non è comune militare nella stessa band per tanto tempo. E non è comune avere tanti giovani che si sono avvicinati a noi solo con gli ultimi album. Da quando abbiamo fatto la reunion ci vengono a vedere per My Ugly Boy o gli ultimi pezzi e siamo felici per questo, ci rende attuali, non siamo assieme per nostalgia. Ma a pensarci bene, pure quando abbiamo iniziato ci dicevano: come sopravviveranno al Brit Pop?»
Il disco come lo descrivereste?
«Con il produttore Tom Dalgety abbiamo incorporato l’elettronica e tutte le influenze che ascoltiamo dal mondo contemporaneo. Ma essenzialmente rimaniamo una band rock, non mi piace che si dica che siamo diventati dance posh. Non siamo posh, siamo arrabbiati, anche nei testi si capisce, abbiamo l’aggressività dentro che è tipica di chi ha iniziato in quegli anni.»
Nessuno protesta più oggi…
«Perché tutti gli artisti arrivano da situazioni agiate, mica sono come noi o gli Oasis che dovevamo lottare. L’anarchia però ci tocca da vicino, non siamo liberi perché è pura illusione oggi pensare di esserlo. Pensate se si spegnesse tutto, le comunicazioni, i cellulari. Sarebbe un mondo chiuso. E basta non avere due pasti al giorno per sfamarsi per scadere nell’anarchia.»
Cosa c’è rimasto di politico nelle nuove canzoni?
«Abbiamo sempre un lato politico, come quando diciamo che questo governo inglese fa schifo e ci porta alla guerra. In God Loves Only You parliamo di come le cose che succedono in Europa in questo periodo ci stiano allontanando gli uni dagli altri. E poi non siamo una party band, c’è già un sacco di gente che fa musica per fare festa e va bene così. Noi osserviamo e riportiamo nei testi le nostre opinioni.»
Skin, cosa pensi dei musicisti italiani?
«Quando ho fatto la tv con Elio dicevamo: è un peccato che questi ragazzi non cantino volentieri nella loro lingua. Dovrebbero usare di più la lingua italiana e fare delle canzoni arrabbiate, come ha fatto Fedez. Invece molto spesso ci si concentra in Italia sulle melodie e sui testi, sul sentimento che si vuole esprimere e tanto di questo mi ha colpito. Però a volte si prendono nei testi le cose alla larga. Noi siamo più diretti, arriviamo dritto al punto.»
Questo atteggiamento “Senza curve” è anche all’origine dell’artwork del disco?
«Infatti l’artista italiano che ha fatto la nostra copertina si chiama Nocurve. Lui agisce con dei nastri adesivi colorati e fa delle gigantografie bellissime. È bello potersi avvalere di questa innovazione artistica per il nostro disco, quando l’abbiamo scoperto grazie alla nostra truccatrice l’abbiamo subito voluto per noi.»