Esperimento che sfoggia un fascino importante per noi nostalgici di quegli anni ’80 spesso forieri di nuove tendenze o, quanto meno, di nuove forme importate dall’altrove musicale. Era il punk dei Decibel a dettare legge sul fronte “inglese” della nostra nuova musica emergente del tempo e loro, Enrico Ruggeri, Fulvio Muzio e Silvio Capeccia, hanno davvero inventato cose nuove ancora oggi decisamente attuali e innovative. E quella forma sembra rivoluzionata e ricondotta ad un ovile classico o classicheggiante dentro questi due dischi dal titolo emblematico come “Silvio Capeccia Plays Decibel”, Piano solo 1 e 2, dove ritroviamo tutto quel mondo ma in un concerto pianistico in bilico tra antichità e futuro. Sin dal primo ascolto torno al tempo in cui non solo vestirsi ma anche muoversi era figlio di mode. E riascoltare i Decibel in questa veste, quasi li sveste… quasi polverizza la loro natura punk… o forse, in vero, la sintetizza dentro una radice classica che ogni cosa possiede. Insomma, un lavoro ambizioso… sicuramente coraggioso.
Quando pensiamo ai Decibel pensiamo soprattutto allo spettacolo del glam rock che andava in scena. L’estetica per voi è sempre stata importante. Questo disco in che modo la celebra? O la cambia, la stravolge, la rivoluzione?
L’estetica è stata un elemento di rottura quando i Decibel apparvero sulla scena musicale italiana, prima nella sua rivoluzionaria manifestazione punk alla fine degli Anni Settanta e poi nella sua declinazione new wave che si rifaceva ai Roxy Music e al primo Bowie. Secondo me presentare nel 2022, tra i ricorrenti tormentoni estivi, reggaeton ed uso smodato di autotune, un progetto di rilettura per piano solo di brani di una band come i Decibel, conserva una carica rivoluzionaria e anticonformista assolutamente degna di nota nel panorama italiano.
Col senno di poi: sei riuscito nel tuo intento? A riascoltare questi due album, hai trovato la ragione che li ha ispirati? Oppure pensi sia stato soltanto un mero esercizio di stile?
L’obiettivo del mio progetto era quello di portare 28 canzoni della band di cui faccio parte (sui circa 70 brani pubblicati nel corso degli anni) in una dimensione differente da quella originaria, mantenendo accordi di base e spunti melodici senza però cadere in una banale trascrizione per pianoforte. Sono assolutamente soddisfatto del risultato finale: ogni canzone vive una sua nuova vita, intima ed avvolgente, dove rimane in lontananza la eco della versione originale.
Domanda delle domande: il brano che hai odiato e quello che invece non puoi fare a meno di eseguire nei live…
Nel primo album “Silvio Capeccia plays Decibel – Piano solo” avevo privilegiato i brani concepiti per pianoforte, come “Contessa”, “Vivo da re”, “L’ultima donna”. In questo secondo lavoro mi sono spinto oltre, elaborando versioni al pianoforte dei brani marcatamente rock, brani che in un primo tempo non pensavo potessero avere una rilettura sugli 88 tasti. Non possono esistere brani odiati, ognuno ha avuto una sua storia in sala di registrazione o in ambito live: in concerto invece non puoi (giustamente) fare a meno di eseguire “Contessa” o “Vivo da re” o la recente “Lettera dal Duca” di Sanremo 2018…ma questo non è certo un sacrificio, è sempre gratificante vedere il pubblico riconoscere la tua canzone dopo poche note!
E dal vivo? Porterai questo spettacolo sui palchi?
Ho già portato il mio progetto Piano solo sul palco: a Milano nella Chiesa di San Celso, a Salsomaggiore nella manifestazione “Mangiacinema”; poi il lockdown ha bloccato tutto. Sicuramente dopo l’estate tornerò per concerti spot, dove sarà sufficiente un piano noleggiato ed una location interessante per poter suonare: nei miei live mi piace poi far ascoltare un breve campione delle canzoni originali prima di eseguire la mia versione al piano. Ho verificato che questo approccio è particolarmente gradito dal pubblico.
Commenti a caldo dei Decibel sul risultato…?
Gli altri Decibel? Enrico Ruggeri è co-produttore dei 2 album, Fulvio Muzio suona il piano con me in “Novecento” …