“Si nota all’imbrunire (solitudine da paese spopolato)” è il nuovo spettacolo della regista e drammaturga Lucia Calamaro, già vincitrice di tre Premi Ubu per lo spettacolo “L’origine del mondo, ritratto di un interno” del 2011. Il nuovo testo, di cui la Calamaro presenterà anche il libro, vede in scena Silvio Orlando, Roberto Nobile, Riccardo Goretti, Alice Redini e Maria Laura Rondanini. Gli spettatori potranno assistere allo spettacolo al Teatro Bellini di Napoli fino al 12 maggio, al Teatro Argentina di Roma dal 14 al 19 maggio, al Cineteatro Rosso Di SanSecondo a Capo d’Orlando il 22 maggio e al Teatro ABC di Catania dal 23 al 26 maggio.
All’apertura del sipario si ritrova Silvio, il protagonista, che, seduto su una panchina, inizia a parlare della propria vita e in particolare a ragionare sulla scelta della propria solitudine: i suoi familiari, giunti nella sua casa di campagna la sera prima in occasione della commemorazione dei dieci anni dalla morte di sua moglie, gli sono mancati, ma lui proprio non riesce più a stare in compagnia, a interagire con gli altri. E, proprio a causa della solitudine, Silvio ha sviluppato delle piccole manie, come sottolineato più volte dai tre figli e dal fratello, come quella di star sempre seduto e di non voler camminare, provando fatica, più mentale che fisica, anche a muoversi per casa. Si scopre, però, che anche le due figlie e il fratello hanno piccole ossessioni e bizzarrie: Alice continua a dire di voler diventare una poetessa, ma l’attività di scrivere poesia non le riesce o è quasi nulla, in quanto ella si limita a leggere ai propri familiari composizioni di poeti già famosi e non la si scorge mai a comporne, invece, di proprie; Maria, è una dottoressa, dalle mille specializzazioni, ma i suoi problemi esistenziali e il ruolo di “cameriera” che ricopre nel nucleo familiare provocano fatica, per gli altri, nel credere che possa effettivamente ricoprire un incarico professionale e sociale così importante; Riccardo, il figlio maschio, nonostante si sia licenziato e abbia deciso di vivere della liquidazione ottenuta dal precedente lavoro, ha il desiderio e la fissa di diventare ricco; Roberto, infine, mostra di essere ancora legato al passato, immaginando spesso di stare in sella alla propria moto ed esprimendosi quasi solamente attraverso citazioni dei grandi scrittori francesi.
Ciò che sorprende è, però, soprattutto il fatto che Silvio, nella propria solitudine, abbia iniziato addirittura a confondere la realtà con i propri pensieri, come se si trovasse in uno stato liminale che lo confonde e che lo porta spesso a parlare fra sé e sé o, in particolare, a rivolgersi col pubblico. Questo avvicinamento, questo contatto è un elemento che origina un’ironia amara, ma fin troppo veritiera fra il protagonista e gli spettatori, i quali riescono, così, a legare col personaggio e a comprenderlo – anche se non del tutto – fino in fondo. La scenografia di Roberto Crea, con gli ampi finestroni luminosi e le panchine di ferro, sembra quasi rappresentare il funzionamento macchinoso della mente di Silvio, personaggio simbolo di quella che è stata chiamata “solitudine sociale”. Lucia Calamaro scrive, in proposito: «Essere isolati dalla società è un male oscuro e insidioso. Tutti noi, infatti in quanto esseri umani, abbiamo bisogno del contatto con gli altri, un bisogno che ci permette di sopravvivere».
Fin troppo esaustive sul tema le continue elucubrazioni dei personaggi, portate quasi allo stremo nelle due ore di rappresentazione, utili tuttavia a esprimere il malessere e il disagio esistenziale e sociale, quelli che possono essere riscontrati facilmente anche nella società attuale. Perfetto in questo Silvio Orlando, con la sua capacità di rapportarsi col pubblico sia in quanto interprete, che in quanto personaggio e di rappresentare l’esasperazione esistenziale della solitudine anche in maniera cinica e ironica, elemento che ha, effettivamente incatenato e conquistato gli spettatori dalle prime battute. Profondo, infine, l’intento della drammaturga e dell’opera stessa, come la Calamaro afferma: «Ci piace pensare che gli spettatori, grazie a un potenziale smottamento dell’animo dovuto, speriamo, a questo spettacolo, magari la sera stessa all’uscita, o magari l’indomani, chiameranno di nuovo quel padre, quella madre, quel fratello, lontano parente o amico oramai isolatosi e lo andranno a trovare, per farlo uscire di casa. O per fargli solamente un po’ di compagnia».