Grande successo per la masterclass “Dialoghi tra Monologhi” di Sebastiano Bottari, in programma presso la Residenza Artistica Sharing Art Pompeii fino al 31 luglio. La kermesse, diretta dal Luca Varone della Klimax Theatre Company, ha deciso di ospitare per il secondo anno consecutivo il coach Sebastiano Bottari, attore che da oltre 10 anni si occupa di coaching attoriale per professionisti e aspiranti attori. Per l’occasione abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui.
Dopo l’anno scorso anche quest’anno la Residenza Artistica Sharing Art Pompeii ha aperto le porte alla masterclass da te curata e dal titolo “Dialoghi tra monologhi”. Cosa puoi dirci di questa esperienza che ha registrato il sold out?
«La Residenza Artistica Sharing Art è davvero un posto magico. Sono molto contento di essere ritornato in questo luogo straordinario per portare avanti, in qualità di coach il laboratorio “Dialoghi tra monologhi”. Stare alle pendici del Vesuvio, con questa luce, con un palco immerso nella natura, con gli animali, crea un corto circuito di talento, per cui in pochi giorni questi ragazzi anche grazie al mio aiuto cambiano letteralmente. È un’esperienza in primis umana. Ci tengo a formare degli attori, delle belle persone che sappiano lavorare con gli altri attraverso l’ascolto e la cura dell’altro. Quindi, poco ego, anche se suona strano poiché lo stereotipo dell’attore è il narcisismo, ma io lavoro sull’opposto».
Qual è l’approccio usato per avvicinarti agli allievi? Hai seguito un programma specifico per l’occasione?
«Alcuni di loro già li conosco, perché li avevo già seguiti in altre occasioni, altri invece non li conosco affatto, ma ho fatto solo un incontro online per capire e scegliere il materiale di lavoro. Nella fattispecie è costituito da un monologo, un dialogo e una poesia. Quando loro sono arrivati il primo giorno, li ho fatti esibire con i monologhi. A loro si richiede solo di arrivare con la lettura del testo integrale. Ho due collaboratori miei allievi del precedente laboratorio, Francesca, Manuel e Riccardo il quale si occupa dell’organizzazione con il mio compagno di Accademia.
Quindi ci sono allievi che ti seguono da più tempo. Solitamente quanto dura un percorso?
«Dipende dalla richiesta. Se un ragazzo mi chiede la preparazione per l’accademia di teatro e mi contatta presto, faccio un lavoro analitico, con un ciclo di teatro abbastanza lungo. Se un professionista mi contatta per un provino, allora il discorso cambia. Sulle tempistiche cerco di fare meno lezioni e delegargli più lavoro. In generale la mia linea è quella di cercare di arrivare a non recitare, ma a tirare fuori dei lati della propria personalità, quelli autentici, per poi non dover recitare in scena ma semplicemente controllarli per arrivare al tanto fantomatico personaggio».
Sono diversi anni che porti avanti questa professione? Quando hai deciso di diventare un coach?
«In realtà il mio lavora rispecchia i miei sogni da bambino, perché ho sempre voluto fare l’attore da quando avevo 5 anni. L’approccio iniziale è arrivato prima a livello cinematografico, perché è più diretto per un bambino e poi è arrivato il teatro. Ho frequentato il mio primo corso di teatro a 18 anni, relativamente tardi, ma ho voluto dare una priorità agli studi. Quando ho iniziato a frequentare l’’università ho voluto intraprendere un percorso serale in una scuola di teatro di Milano, che ho frequentato per tre anni e nel frattempo mi sono anche laureato. Prima di laurearmi facevo comunque i provini nelle accademie, ma purtroppo non venivo scelto. Un mio professore all’università, mi offrì la possibilità di diventare suo assistente, ma avevo 22 anni e volevo tentare ancora qualche anno ad avviare una carriera da attore, quindi rifiutai. L’anno successivo ho fatto di nuovo i provini che sono andati bene, mi hanno preso in tre scuole, ho scelto di entrare al Teatro Piccolo di Milano, quindi tornare nella mia città di adozione. Sono di Gorgonzola, però da quando ho 15 anni vivo a Milano. Aver vissuto in provincia per un attore credo sia fondamentale. Quando ho finito il mio percorso al Piccolo e mi sono diplomato a 26 anni, non avevo un lavoro, quindi ho pensato di seguire la mia passione per la pedagogia, così, ho iniziato ad aiutare degli attori a provare ad entrare nell’accademia. E una cosa nata per gioco è diventata una seconda professione. Mi sono appoggiato a delle associazioni e poi è arrivata l’esperienza qui alla Klimax, che mi ha dato la possibilità di fare il primo vero laboratorio nazionale con attori da tutt’Italia, in questo posto splendido e penso e spero che sarà una lunga collaborazione negli anni».
Dopo questa tappa quali saranno i tuoi prossimi progetti?
«Settembre ed ottobre saranno mesi intensi per i provini. Come attore inizierò delle prove per una produzione del 2023 in Svizzera, di un testo di Harold Pinter, prodotto da LAC, Lugano Arte e Cultura. Lavoro spesso in Svizzera perché mi trovo benissimo, c’è un rispetto del lavoratore. Inoltre vorrei tenere il mio primo laboratorio di formazione legando una famosa opera teatrale ad un caso di cronaca italiana».