Sergio Grispello, napoletano di nascita, vive a Barcellona, città dove svolge la sua più grande passione: la fotografia.
Fotografo dell’umanità, topos narrativo degli scatti, volti e persone che hanno una propria dimensione autobiografica, l’occhio di Grispello diventa costruttore di un’anima rinvigorendo la dignità del soggetto fotografato.
La sua ultima mostra, L’amico Fritz, che presto verrà anche a Napoli, racconta di Ciro Meo, nonno dell’artista, musicista napoletano nato nel 1922, che ha affrontato la guerra accompagnato dal suo violino, e che dopo aver suonato per le truppe un brano di Pietro Mascagni, lo soprannominarono L’amico Fritz. Sei opere in tecnica mista, ink jet, latex, bitume, collage, immagini di una storia passata del soggetto, dove il ricordo diviene spazio e tempo del riconoscimento della storia di vita.
Sicuramente a ogni foto suo nonno le ha avrà raccontato dei ricordi, degli aneddoti, lei invece, che interpretazione o messaggio da alle sei sue opere?
«I ricordi li ho cercati negli archivi famigliari e raccolti nelle chiacchierate avute con mio nonno, il più delle volte dopo aver pranzato o cenato, restando seduti a tavola. Sono sicuramente storie ricche e affascinanti e allo stesso tempo umane, tristi e passionali.
Ho messo insieme le informazioni che ho ricevuto nel tempo e ho organizzato cronologicamente le fotografie e soprattutto gli avvenimenti.
Le mie opere sono, innanzitutto un omaggio ad una persona a me molto cara, ma anche una riflessione sulla vita. Non racconto solo della guerra anche se purtroppo é parte viva e dolente della memoria, il centro di questa mia ricerca é la passione per la vita e il ruolo importante che svolge l’arte nella vita di ogni essere umano.»
Lei dice che la vita di suo nonno si intreccia con la sua, in che senso?
«In un certo modo sono parte di lui e in modi differenti. Biologicamente perché é il padre di mia madre e artisticamente perché in un qualche modo mi ha trasmesso, fin da bambino la necessità di esprimere attraverso una forma artistica ciò che sento e che ho da dire. Un dare e ricevere l’uno verso l’altro.»
La vita di suo nonno, Ciro Meo, è davvero affascinante ma anche molto forte. C’è qualche cosa che le ha raccontato e l’ha sconvolto?
«Ciò che mi ha realmente sconvolto di mio nonno, é la sua musica, mi ha raccontato e trasmesso storie ed emozioni molto di più suonando che con le parole.»
Quali sono le tecniche che usa di solito, e per queste sei opere quali tecniche a usato e come?
«La fotografia é alla base della mia ricerca artistica, utilizzo prevalentemente questo mezzo d’espressione che reputo il più vicino alle mie esigenze di raccontare, non mi sono mai chiuso alle contaminazioni e alle sperimentazioni, mi piace spaziare tra le antiche tecniche e le nuove tecnologie.
Nel caso specifico di questa ultimo lavoro ho utilizzato elementi non convenzionali alla fotografia come il latex e il bitume, applicandoli manualmente alle stampe fotografiche rendendole di una plasticità differente.»
I suoi lavori sono prevalentemente in bianco e nero, come mai non usa il colore? e di solito quali sono i soggetti che ama e perché?
«Il bianco e nero mi fa concentrare sull’essenziale della storia che voglio raccontare, è un modo differente di guardare il mondo.
Sono un ritrattista mi interessa l’essere umano, il volto, le sue storie e il segno che lascia nel mondo in cui viviamo. Alla base del mio lavoro c’é la passione che nutro verso il valore del incontro, all’apertura e alla disponibilità del dare e ricevere esperienze e storie differenti.»
Ricorda la sua prima opera che le ha inorgoglita per la quale ha deciso di proseguire con questo lavoro?
«Ci sono molte foto che ho realizzato e che continuo a produrre che mi spingono ad andare avanti con il mio lavoro. Una che ricordo in particolare è stata scattata nel 1998, si tratta una fotografia per una mostra collettiva “Luoghi dove nasce Anima”: é un’immagine che ritrae mia madre, mia nonna e la maggiore delle mie sorelle. Racconta la mia famiglia e il susseguirsi delle generazioni, per me questa é “Anima” un luogo concreto e immateriale dove nasce tutto, che identifico con la forza generatrice della donna. Questo é un esempio per il quale ho deciso di proseguire con questo lavoro di ricerca artistica.»
Oltre alla fotografia si occupa di qualche altra forma artistica?
«Certo che si, la cucina per esempio oltre ad avere una grande passione per il cibo e per la sua preparazione, penso che si tratti di una forma d’arte molto completa che fa partecipare ogni senso. Naturalmente la musica, non sono musicista, sono sempre alla ricerca di nuove sonorità che possono accompagnare la danza in sessioni di dj-set che realizzo spaziando dal reggae alla world-beat fino al tango.»
Pratica qualche hobby in particolare?
«Sì. Anche se non sono veri e propri hobby, ma le definirei passioni. Adoro la musica e ascolto di tutto. Il cinema che mi accompagna fin da bambino. La lettura, la danza e il pattinaggio perché mi danno la leggerezza. Viaggiare quando posso e naturalmente il mare.»
Progetti futuri? E se può anticiparci su cosa sta lavorando ora…
«In questo momento sono su due progetti per me molto importanti. Un lavoro sul ritratto che ho chiamato “Rostros” (volti in spagnolo) – iniziato nel 2012 a Barcellona, la città nella quale attualmente vivo. Sto completando “L’amico Fritz” – il concept su mio nonno – con la realizzazione di altre stampe di grande formato, inoltre sto completando un percorso sonoro che accompagnerà tutto. Infine prevedo un video nel quale mostrerò come si intreccia la mia vita con la sua. È mia intenzione presentare questo lavoro completo de “L’amico Fritz” nel 2015 a Napoli, la mia città. Al momento sono alla ricerca di luoghi che possano essere adatti a una mostra del genere.»