My Type è sicuramente il tormentone del momento, col suo incedere 70s e riconoscibilissimo, sfruttato allo sfinimento da radio e tv. Ma i Saint Motel, il gruppo art pop di Los Angeles di recente a Milano per il lancio dell’omonimo EP, sono più che un team di confezionamento di hit.
Il cantante A/J Jackson è un appassionato di cinema dall’aspetto nerd che ha fondato la band con Aaron Sharp, chitarrista in origine di flamenco, che suonava vicino alla scuola di cinema che frequentava. Completano la band Dak al basso, un ex chef disushi, e Greg Erwin alla batteria, un figlio d’arte iniziato a questo mestiere dopo aver visto innumerevoli bande suonare per strada col padre. Il patchwork si colora ancora di più se si considera che ognuno della band ha lavorato come fotografo, stylist e grafico. «Ci chiamano dream pop o indie prog – dice Greg – ma a noi a volte piace più la definizione Indian rock». Scherzano, perché la loro proposta è davvero indefinibile, visto che incorpora elementi vintage, chitarre funky, strumentazione anni 70 ed elettronica ma anche un tocco indie, come diciamo noi in Europa. «A noi fa piacere essere indie – commenta il cantante, A/JJackson – ma non sappiamo cosa vuol dire perchè è molto vasto. Sicuramente ci rientriamo non sapendo per quali motivi non dovremmo esserci. Ci fa piacere quando ci dicono che abbiamo una sensibilità musicale europea perché è qui che abbiamo avuto il maggiore successo con questo primo disco».
Gli americani li hanno partoriti, gli europei li hanno adottati. E soprattutto gli italiani, visto che il video virale di My Type, in origine era un montaggio su un famoso duetto di Adriano Celentano e Raffaella Carrà dal programma Milleluci del 1974. Possibile che l’eco della trasmissione sia arrivata fino in California? «Merito di youtube – dicono – perchè quelle luci e ambientazioni della vostra tv ispirano ancora oggi. Raffaella e Adriano sono dei talenti immensi e un nostro amico che si diverte a fare video ci ha segnalato che quello spezzone, senza manomissioni, andava a perfetto ritmo con la nostra canzone. E in più la nostra musica è stata semore molto cinematografica, quindi è stato come musicare qualcosa di diverso naturalmente”»
I Saint Motel hanno trovato dunque l’immaginario del loro pop in uno spezzone d’annata della tv italiana. Ma cosa pensano di noi? «Siete entusiasti ed è incredibile arrivare qui e vedere che la nostra musica è conosciuta a così tanta distanza dai luoghi in cui è nata. La grandiosità dell’Italia e del suo stile è confermata da quello che abbiamo visto, davvero vi meritate la fama che avete».
Torneranno a marzo per un club tour di 4 date (10 a Milano, 12 a Roma, 13 a Nonantola e 14 a Roncade). Nel frattempo lanciano un EP che è molto più vario di My Type, scritto come un vero gruppo pop, con chitarre e batterie live e pochi sample. «Anche il sax di My Type è suonata dal vivo – dice il chitarrista Aaron, il musicista più tecnico della band – perché noi creiamo nel nostro studio al centro di LA e poi ci spostiamo a Santa Barbra in un posto più grande con tutti i musicisti. Adesso che ci penso l’Italia potrebbe essere un ottimo posto per scrivere il prossimo album».
Dicono che la prossima uscita sarà un disco con tante tracce con l’aggiunta di My Type, che probabilmente sentiremo nel 2015. Su che trend si spingeranno? «A noi non piace parlare di trend perché facciamo qualcosa che forse non c’è in giro. La storia d’amore come la racconti in musica, solo con baby baby? Ci sono milioni di sfaccettature da utilizzare per dire la stessa cosa, e a noi piace trovare strade diverse. Infatti all’inizio il nostro pubblico ci diceva che suonavamo come se Jarvis Cocker dei Pulp si fosse trasferito a Los Angeles. Vogliamo rispecchiare il nostro nome: Saint che è la parte mistica e leggera, e Motel che è la parte urbana e dark. La nostra musica sarà sempre in bilico tra queste due strade».
Sono da poco assieme ma già hanno fatto molte esperienze live anche in circostanze molto “peculiari” come impone il gusto del momento: «Abbiamo suonato sul retro di un camion in movimento con tutta la birra degli spettatori che bagnava il generatore elettrico. Ricordiamo uno show nella pista da skate dove eravamo tutti in mutande, anche i nostri fans…e che più? Beh altre cose non sono propriamente riferibili adesso».