Dopo “Just Married ” nel 2012 e il secondo “Karnaval Fou ” nel 2014, i Rumba De Bodas festeggiano dieci anni di carriera con il nuovo lavoro discografico “Superpower”. L’album è composto da 11 brani, alcuni già proposti dal vivo negli ultimi due anni di live del gruppo, altri invece saranno presentati il prossimo 2 marzo all’Estragon di Bologna. A parlare del progetto Elia “Elio” Conti (Tromba, Chitarra e Coreografo). Gli altri componenti della band sono: Mattia “Ermetiu” Franceschini (Tastiere, Syhnt e Papà dei Rumba), Guido “Ghigo” Manfrini (Sax Baritono, Sax Contralto e Arrangiatore da Garage), Giacomo Vianello Vos “Dos” (Basso e Cappelli), Alessandro “Ciccio Pazzo” Orefice (Batteria e Perle di Saggezza), Francesco “Giamma” Giammarella –(Sax Tenore, Clarinetto, Re delle Balotte), Rachel “Golden Reichel” Doe (Voce, Sorrisi e Baci).
Come e quando nascono i Rumba De Bodas?
«Quest’anno festeggiamo il decennale. La band è nata nel 2008 in ambito liceale, composta da una formazione diversa da quella attuale, a parte il tastierista e il sassofonista. Il gruppo è nato inizialmente con l’intento di divertirsi, di fare festa. Nel giro di poco si era sparsa la voce che c’era questo gruppo super carico che faceva ballare. La band è nata anche con l’obiettivo di viaggiare, di vivere delle avventure, quindi da subito ha iniziato ad esibirsi per strada e a fare dei tour un po’ improvvisati, in giro per l’Inghilterra, per la Francia. Da quel momento è cominciata la storia dei Rumba De Bodas.
Qual è stata la motivazione che ha tenuto unito il gruppo dei Rumba De Bodas, pur cambiando la formazione, fino ad oggi?
«Sicuramente la tenacia di Mattia “Ermetiu” Franceschini e Guido “Ghigo” Manfrini, i due membri che dal 2008 sono ancora presenti nel gruppo. Nonostante le difficoltà, i cambi di formazione Mattia e Guido sono stati sempre entusiasti della musica e del progetto. L’affiatamento di volar suonare in giro a tutti i costi, sicuramente ha giovato moltissimo alla band».
Quando sei entrato a far parte dei Rumba De Bodas?
«Sono entrato nel 2014. I primi due tour che ho fatto con loro sono stati una grande avventura. Si partiva in giro per l’Europa, per un tour di uno, a volte due mesi. Facevamo delle date per strada, nei pub e più ci esibivamo e più arrivavano le richieste. Nel corso della tournée si dormiva da persone che si conoscevano, alcune incontrate durante il viaggio. Eravamo una comunità che si spostava a proporre la propria musica piuttosto che una vera e propria band. Dal 2015 tutto è cambiato. Sono aumentate le date, con un tour programmato, questo ha cambiato totalmente il nostro stile di vita».
Dalla strada al palco qual è la differenza per un artista?
«La versione da strada comprendeva un repertorio per la maggiore fatto di cover, mentre la versione da palco ci permette di esibirci con i nostri brani inediti, quelli contenuti negli album che abbiamo realizzato».
Dopo “Just Married ” nel 2012 e il secondo “Karnaval Fou ” nel 2014 è in lavorazione il vostro terzo lavoro discografico.
«Il terzo album è quasi pronto. Lo abbiamo registrato nel mese di novembre e in questo periodo stiamo finendo di curare tutte le questioni tecniche e burocratiche del progetto.
Questo disco è stato realizzato con il progetto crowdfunding.
«Registrare un disco è davvero costoso, quindi abbiamo pensato che crowdfunding fosse una scelta giusta, molto utile per le band, perché permette di contattare i propri fan, le persone a cui interessa la musica autoprodotta, proponendo loro di sostenere il progetto attraverso una donazione, che verrà poi ricompensata con il nostro album, il merchandising, il vinile».
Quando uscirà il disco?
«Il release è fissato per il 2 marzo all’Estragon di Bologna».
In questo disco non mancherà il funk, lo ska, un po’ di soul, il tropical-latin sound, una spolverata di elettronica e tanto altro. In cosa si differenzia dai due lavori precedenti?
«In questo nuovo album ci sono le sonorità che vertono su due ambiti, ovvero quello del funk e del latin, una miscela un po’ più definita rispetto ai precedenti. In realtà la nostra caratteristica di spaziare tra vari repertori resta, perché comunque c’è un ventaglio di generi musicali. Non siamo una band che ha uno stile definito e non si discosta da quel filone, soprattutto per il fatto che suoniamo tanto dal vivo e la band e tutto lo sforzo creativo è improntato sullo show che deve essere ballabile e deve far divertire, quindi per noi è questa la cosa principale. Non ci interessa essere coerenti a un repertorio unico. Ci interessa suonare quello che diverte noi e il pubblico che ci segue».
In questi anni avete girato l’Europa a lungo, tra Francia, Spagna, Romania e Regno Unito. Qual è la risposta della vostra musica in Italia?
«Ci piace tantissimo suonare, perché esibirci in casa è bellissimo. La cosa bella dell’Italia è ovviamente nella stagione estiva che c’è un ventaglio di possibilità e situazioni differenti. Suoniamo molto spesso in feste di paese, minifestival organizzati da ragazzi volenterosi con grande entusiasmo. L’Italia, dal nord al sud è costellata di queste realtà in cui è davvero è divertente proporre la nostra musica. Poi ci sono i festival, un po’ diversi da quelli anglosassoni dove si tende a creare dei villaggi con tante situazioni diverse».
Cosa ne pensate invece del mondo dei talent?
«Ci è stato proposto di partecipare ad un talent, ma alla fine ci abbiamo pensato e abbiamo capito che non è la nostra strada. Non ci piace molto l’idea della competizione a tutti i costi per emergere, questo dover spettacolarizzare il personaggio. Noi suoniamo nei circuiti dove c’è veramente la musica prodotta da persone motivate da una passione enorme che propongono la loro arte indipendentemente dall’esposizione mediatica. Si può avere una carriera, si può essere soddisfatti della propria musica, suonando tanto, anche in situazioni che purtroppo i media nazionali e le televisioni ignorano. Noi suoniamo in contesti piccoli, ma anche grandi, con l’obiettivo comunque di crescere e di far conoscere la nostra musica ad un pubblico sempre più vasto».