Sarà un appuntamento particolare quello dei prossimo Dance Music Awards premio nazionale indipendente per la musica dance con l’assegnazione al più televotato, per Rudeejay. Il remixer e produttore di Bologna è nominato in varie categorie: Miglior remixer, premio già vinto da Rudeejay nel 2012; Miglior mash-up (Mashummer 2014); Miglior remix per il remix (“Bullit” di Watermät).
L’instancabile Rudeejay, come si vede da questo video reca continua a realizzare remix ufficiali di brani di artisti come Bob Sinclar, Martin Solveig, Afrojack (con views su Youtube superiori ai due milioni). E l’endorsement che riceve spesso da Albertino su Radio Dee Jay non è un caso. Il mitico Alba lo ha tenuto a battesimo in molti sensi.
Da dove nasce questo legame con Albertino?
«Siamo alla fine negli anni 90, precisamente l’estate del 1998. Appena è partita la compilation della Dee Jay Parade che mi avevano regalato, mi sono sentito illuminato. Conoscevo i pezzi perché ascoltavo la radio ma in quelo momento ho pensato: questo è il genere che sento più mio. Forse questa affinità è nata dal fatto che grazie ai miei genitori l’elettronica è sempre stata a casa, sono stato cresciuto a Kraftwerk e Klaus Schulze.»
Come hai iniziato poi a fare della tua passione la tua professione?
«Mi ha spinto molto il successo della dance italiana nel mondo, mi ha dato motivazione. L’attitudine degli italiani è calorosa e ha un grande cuore agli occhi degli stranieri. Abbiamo ovviamente voglia di divertirsi per fare divertire e il punto di partenza della dance italiana è proprio questa, esportiamo l’ottimismo per la vita. È stata anche un’evoluzione naturale per me, la gavetta in casa, la prima festa privata tra amici quando ti rimbalzano in discoteca e per poterti divertire devi andare a casa e mettere i dischi. Poi col passaparola sono arrivato a diverse consolle di Bologna. È stato un effetto a catena, si creava attesa per me e son passato dalle domeniche pomeriggio ai sabato sera.»
Quando hai capito che eri tra i professionisti?
«Quando nel 2003 ho avuto la mia prima residenza estiva in un club, è lì che si misura la tua bravura. In questo momento sto percependo grandissimo affetto per quello che propongo, forse perché gli ascoltatori sono stanchi delle solite immagini dei deejay e troppi miei colleghi si concentrano sull’estetica. Chi mi conosce invece viene a sentirmi per quello che suono.»
Chi sono i tuoi padri musicali?
«Beh Albertino che mi menziona è un grande onore. Quelli come lui erano i protagonisti dei miei sogni. Mi sono macinato chilometri per andare a vederli e ora faccio lo stesso mestiere loro. Poi ho un collaboratore vlaidissimo, Marvin, Alessandro Moschino, che ha lavorato molto con dj Prezioso, un altro mio idolo.»
Cosa diresti ai tanti ragazzi che vogliono farcela come te?
«Che non si è mai troppo giovani per fare questo mestiere. Molti hanno tentato di dissuadermi perché dicevano che ero inesperto o non era il mio tempo. Anche all’estero, quando ho avuto la fortuna di farmi apprezzare, in Spagna, Croazia, Francia noto che come partenza c’è diffidenza con chi non è “uno di noi”. Nel mio caso, arrivo da italiano, mi hanno invitato a serate in onore della dance made in Italy. Poi cerco di portarli nel mio mondo e decido io cosa suonare per chi ho davanti e agisco di conseguenza. Ovviamente questa è una sicurezza da dj a cui si arriva col tempo.»