“Una piccola impresa meridionale” ha debuttato ieri sera, mercoledì 15 gennaio 2014, al Teatro Diana di Napoli.
Alle 21 tutto era al posto giusto: gli strumenti sul palco, gli spettatori nelle loro poltroncine, la band, il fonico, il regista … e poi c’era lui, Rocco Papaleo, che aspettava l’inizio del suo stesso spettacolo in platea, insieme a tutti gli altri. Il regista lucano parte fisicamente dal pubblico a cui ritornerà emotivamente durante il corso di tutto lo spettacolo.
«Vorremmo iniziare dalla prima canzone, o meglio dalla seconda che è molto simile alla prima. Ma poi, riflettendoci bene, nessuno conosce la scaletta per cui anche il terzo brano per voi sarebbe sempre il primo!»
Queste le prime parole di Papaleo ai suoi spettatori, un modo semplice, divertente e poco convenzionale per mettersi in relazione con ogni singolo individuo presente in sala. L’attore si finge timido e insicuro, ironizza sull’uso dei cellulari e sul fatto che il suo debutto coincida con una partita del Napoli: «Se c’è qualche goal interrompetemi pure, mi raccomando!».
Ciò che avviene sul palco è difficile da descrivere: Papaleo porta in scena tutta la sua umanità e racconta una serie di storie che sembra aver recuperato da vecchie Moleskine. I pensieri si susseguono, molte rime vengono lasciate a metà e altrettante canzoni terminano con delle domande a cui l’attore non vuole affatto dare una risposta. «Voglio cantare a tutti voi un brano che ho intitolato “Due cose”, poi dopo rifletteremo insieme su cosa dovrebbero essere le due cose che ho cantato.»
Non esistono chiusure ad effetto eppure, performance dopo performance, la band e il suo cantattore non smettono mai di stupire. Le note del quartetto e le luci utilizzate durante lo spettacolo amplificano gli stati d’animo e proiettano il pubblico in una nuova dimensione.
Papaleo crede di trovarsi tra le pagine di un diario spaginato e catapulta nella sua “illusione” anche tutto il pubblico che lo segue mentre racconta di amori omosessuali, di pane e frittata, di sesso, campagne, treni e donne.
Certo, in 90 minuti di spettacolo non è possibile raccontare tutta la vita che Rocco, proprio come Chatwin, sembra aver racchiuso in un diario. Sicuramente però, riesce a leggerne le pagine più importanti.
Uno dei momenti più intimi dello spettacolo lo si ha poco prima dell’ultima canzone, quando il regista si è seduto sul palco e ha creato grazie al potere visivo un intenso abbraccio collettivo per poi esclamare: «Siamo diventati un meraviglioso gruppo: potremmo andare in tour tutti insieme! Con voi ogni sera faremmo il pienone in teatro!»
Si chiude la serata con il famoso motivetto sanremese “Tuf – tutuf”. L’attore culla il suo pubblico, lo diverte e fa reagire fino a convincere tutti ad alzarsi insieme per “fare le foche”.
“Una piccola impresa meridionale” risulta così essere uno spettacolo che non solo accorda note e sentimenti, ma è una vera e propria lezione teatrale.
La dimostrazione tangibile di come non solo il teatro abbia bisogno della vita, ma soprattutto di come la vita stessa abbia ancora bisogno del teatro!
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