Il nuovo libro di Roberto Vecchioni si intitola Tra il silenzio e il tuono (Edizioni Einaudi, pag. 184) prendendo in prestito uno dei versi più espressivi del brano Chiamami ancora amore con il quale ha vinto il Festival di Sanremo nel 2011.
Si tratta di un romanzo epistolare intimo, intenso e struggente attraverso il quale il noto ed amatissimo cantautore e scrittore ha tentato di catturare ancora una volta l’ombra sfuggente della verità.
Roberto Vecchioni racconta ad un immaginario e silenzioso nonno alcuni degli episodi più significativi della sua vita fino alla morte del figlio Arrigo, un dolore forte e lacerante.
Noi di Mydreams abbiamo partecipato in streaming ad un incontro con l’autore organizzato dalle librerie UBIK per Connessioni.
Numerose le domande rivolte a Roberto Vecchioni, espressioni di un consenso e di un affetto straordinario per un ex professore di greco e di latino nonché uno dei cantautori più famosi nel panorama musicale italiano.
Lei ha sempre avuto un rapporto privilegiato con i giovani. Si è visto anche di recente a Sanremo quando ha cantato nella serata dedicata alle cover il suo brano Sogna ragazzo sogna con Alfa. Pensa che l’Italia sia un Paese per i giovani?
«Credo che il rapporto tra le generazioni possa e debba cambiare perché tutto può migliorare ed anche perché il senso dell’esistenza è a lungo termine. I giovani fanno bene a protestare, ovviamente senza violenza. Sono svegli ed intelligenti ma noi non abbiamo dato loro nulla. Molti giovani a 25 anni non sperano più e questo non va affatto bene. Dobbiamo ascoltarli e imparare il loro nuovo modo di comunicare»
La sua carriera è iniziata nel 1973 con l’album L’uomo che si gioca il cielo a dadi, disco bellissimo che ha segnato la storia della musica italiana ed ora questo romanzo che è altrettanto bello. E’ stata replicata quella sorta di alchimia?
«Credo che l’energia del cantautorato italiano non si sia mai esaurita come quella dei grandi poeti, ad esempio Giacomo Leopardi o Francesco Petrarca. Gli anni ’70 sono stati densi ed hanno fatto storia. Io mi sono però sentito sempre in una minoranza ma non è detto che il potere starà sempre nelle mani dei più forti».
Un intero capitolo del suo libro è dedicato alla poesia ma tutti i capitoli sono straordinari. Mi ha particolarmente colpito la lettera indirizzata al cardinale Ravasi che ha per tema il trascendente. Che rapporto ha con la Parola e le parole?
«Noi ci siamo divisi da Dio e la Parola con la maiuscola, quando la trovi, è sacra e va capita, meditata perché ha le sue sfumature. Penso che tutte le parole debbano essere lo specchio dei nostri pensieri. Tutti noi siamo dei fedeli servitori delle parole. Per quanto riguarda la poesia suggerisco di leggere Poesie d’amore del ‘900, Ed. Crocetti»
Lei ha conosciuto e frequentato numerosi cantautori francesi ed italiani: Leo Ferrè, Jacques Brel, Francesco Guccini, Fabrizio De Andrè, per citarne qualcuno. Come si sono intrecciate le loro canzoni con le sue nel sentire le parole quasi come esseri viventi?
«Questi erano solipsisti ed egocentrici anche se devo dire che Guccini e Battiato non parlavano quasi mai di musica ma raccontavano barzellette, soprattutto il secondo. Io le imparavo e poi le raccontavo agli altri. Ci stimavamo e conoscevamo le canzoni, i testi degli altri un po’ come i grandi artisti del Rinascimento italiano che conoscevano le opere degli altri . Sono stato molto amico di Angelo Branduardi ma poi ci siamo persi di vista. Anche con Claudio Lolli ed Antonello Venditti c’era un ottimo rapporto. Considero un pazzo lucido Carlo Petrini che ha fondato l’Università del gusto nel 2004. Insieme a Sergio Staino, recentemente scomparso, sono due amici fondamentali per il loro umorismo incredibile».
Oggi, soprattutto i giovani, scrivono poco. Questo suo libro epistolare può in un certo senso invogliarli alla scrittura?
«Purtroppo è vero ma la bellezza di scrivere a mano su un foglio bianco conserva sempre il suo fascino. Tutti i miei libri li ho scritti a mano, prima la brutta e poi la bella come si faceva un tempo. Ricordo che mia madre andò a scuola e copiò un mio tema. Penso che bisogna combattere questa battaglia per scrivere sempre parole belle ed appropriate non per la purezza della lingua ma per la bellezza delle parole in sé. Insisto su questo fronte perché mi batto da sempre per la contemporaneità dell’antico».
Mio figlio , a breve, discuterà la tesi di laurea che ha per argomento alcuni testi delle sue canzoni.
«Mi fa piacere ma è impossibile per me mantenere tutti gli impegni e poi vorrei stare un po’ di più con la mia famiglia che ho trascurato spesso ma sentivo prepotente la voglia di farmi ascoltare da tante persone con le mie canzoni. Paradossalmente sono un timido, non si direbbe»