Arriva a Napoli, dal 9 al 13 aprile al PalaPartenope, la più grande storia d’amore di tutti i tempi, Romeo e Giulietta. Ama e cambia il mondo, musical prodotto da David Zard, per la regia di Giuliano Peparini, le musiche di Gerard Presgurvic e i testi di Vincenzo Incenzo. Nei panni della madre di Romeo, Lady Montecchi, è Roberta Faccani, dalla voce tagliente, sempre graffiante e spietata, grandissima cantante, ma anche un personaggio dalle mille possibilità interpretative, che fa di Lady Montecchi una donna materna e protettiva.
Roberta, simpaticissima, intelligente e autoironica è l’amica che tutti vorrebbero avere, infatti, è molto amata dai fan, che la chiamano confidenzialmente Mata.
Il suo ultimo album, Stato di Grazia, ha avuto un discreto successo, testi scritti interamente da lei, capaci di penetrare nei sentimenti, per ricordare i momenti bui di questa nostra tribolata umanità e, spazzarli via con grande coraggio e determinazione.
Una nuova sfida, Lady Montecchi, parlaci di questo tuo personaggio e, di come ti sei preparata per interpretarlo?
«L’unica persona che fino ad ora ha capito il lato più tenero e docile del mio essere è stata proprio Giuliano Peparini che infatti, ha costruito intorno a Lady Montecchi anche e soprattutto, una donna materna, sensibile e dolce; nasce così, l’approccio al mio personaggio in “Romeo e Giulietta. Ama e cambia il mondo”; partendo dall’aspetto più sotterraneo, più imploso, più “di pancia” di questa donna che farebbe tutto per il figlio ma che ha nella sua connotazione caratteriale, un aspetto sicuramente molto più rarefatto e intimistico rispetto per esempio alla sua antagonista, all’altra madre, Donna Capuleti.
La mia Lady Montecchi “urla” il suo rancore per la guerra che dilania le famiglie, solo ne “L’Odio”, scena del 1° atto, ma in quasi tutto il resto dello spettacolo e, soprattutto nella preghiera alla Vergine Maria del secondo atto, Due cuori di donna, con Giulietta, fa sentire tenerezza e struggimento quasi “composti”. In qualche modo, trovo che sia una donna fascinosamente misteriosa perché ci svela il suo essere sempre attraverso un velo di malinconia e di raffinatezza.
Per questi aspetti credo davvero di aver pensato molto a mia madre per cercare di recitare e cantare come il regista mi richiedeva e sono felice di aver tirato fuori parti di me ancora poco conosciute al grande pubblico anche e soprattutto nell’uso più delicato della mia vocalità.»
Quali sono i tuoi assoli in questa opera, le canzoni che canti?
«Come dicevo il mio primo brano è “L’Odio” in coppia con Lady Capuleti (Barbara Cola). Un duetto straordinario per la canzone già vincente “di default” per costruzione armonico-melodica e per messa in scena; un quadro pieno di grinta e pathos che mi permette lì di graffiare, anche vocalmente. Ogni volta penso molto al testo grazie alla magistrale traduzione di Vincenzo Incenzo, perché ha trovato parole veramente pregne di antagonismo e cattiveria che in quel momento le due madri incarnano perfettamente. Direi che in quel preciso istante siamo due “belve assetate di sangue” e per quanto mi riguarda in ogni rappresentazione, mi diverte moltissimo “duellare” con la mia partner.
Lady Montecchi torna nel secondo atto con un brano che adoro e che è “La Vendetta” dove quasi tutto il cast è praticamente in scena. È un momento in cui sento fortemente l’amore per mio figlio e difendo unghie e denti la sua innocenza, per la morte di Tebaldo. Immediatamente dopo però c’è proprio “Due Cuori di Donna” (in duetto con Giulia Luzi cioè Giulietta), in cui come dicevo, la mia preghiera diventa quasi un lamento struggente, malinconico con una disperazione però controllata e misurata sia nello sguardo che nella voce. È proprio lì che si esprime il lato più materno del mio personaggio.
A parte un brevissimo momento “corale” in cui insieme all’altra madre ripetiamo il refrain finale del brano in cui duettano nutrice e frate, la mia Montecchi torna solo a fine show con “Colpa Nostra” in un cui apro proprio la scena: si prepara l’entrata di tutto il cast e in quel preciso istante il dolore per la perdita dei propri figli ci rende quasi tutti dei “fantasmi”, attoniti ma senza più rancore perché finalmente consci del male inutile fattosi reciprocamente e delle conseguenze disastrose che esso ha portato. Il momento più bello è quando io e Madre Capuleti ci guardiamo e andiamo insieme verso la tomba di Romeo e Giulietta e cantiamo “Il Cielo avrà per noi pietà” tenendoci per mano. Lì ci siamo finalmente perdonate a vicenda. Lì è l’amore che “cambia il mondo” e finalmente, le nostre anime, rendendoci libere dalla schiavitù dell’odio.»
Mi spieghi il nome “Mata”, adottato oggi dai tuoi fan…
«Il nome “mata” risale ormai alla metà degli anni ‘90. È nato a Milano dove ho vissuto per molto tempo nel lungo periodo della mia gavetta e esordio nel business discografico. L’aneddoto è noto: cantavo in un famoso locale sui navigli, Scimmie, frequentato da tutti i cantanti e musicisti di allora, e di solito a un certo punto della serata mi mettevo a saltare sopra i tavoli scaldando il pubblico e facendo esplodere tutta la mia grinta rock tipica di quel periodo (ahahahahah) … uno degli spettatori era un noto farmacista -musicista che veniva spesso a sentirmi e guardando quel tipo di performance scatenata una sera ha esclamato a gran voce agli astanti: “ve lo dico io, quella li’e’mata!!!!” (con una t sola ), in dialetto milanese …dicendo appunto che ero una pazza scatenata…e non aveva assolutamente torto!!!! (eheheheh). Da lì, tutto l’ambiente musicale mi ha affibbiato questo nomignolo a cui sono rimasta affezionata e con cui ho anche debuttato col mio primissimo singolo come cantautrice ” Rido” nel 2000. Così da quel momento anche i fans mi hanno conosciuta come Mata e a tutt’oggi i più mi ci chiamano frequentemente.»
Cosa è successo con i Matia Bazar, perché sei andata via, e cosa ti hanno dato i tre anni con loro?
«Non sono stati tre anni! Con i Matia Bazar ho cantato dal 2004 al 2010! E dunque esattamente il doppio! E sono stati anni pregni di esperienze in giro per il mondo, con tour in tutte le piazze, italiane e non, con un grande esordio al “Festival di Sanremo” nel 2005 con il conosciutissimo brano “Grido d’Amore” che ancora oggi è tra i più eseguiti da tutte le “aspiranti cantanti” che vogliono cimentarsi in impervie “discese e salite “…
Ho fatto con loro tanta televisione, 4 dischi e un dvd e dunque tantissime cose importanti. Poi è arrivato un momento in cui i Matia volevano mantenere la tradizione musicale di sempre mentre io agognavo fortemente anche scrivere e cantarmi le mie cose assecondando e inseguendo un mio preciso stile; con loro, potevo essere solo una interprete dentro schemi già ben configurati e non mi si lasciava altra opportunità creativa se non eseguire a menadito certe decisioni stilistiche… per cui si è deciso di andare ognuno per la propria strada ed io di cavalcare la mia voglia di rinnovamento musicale e non solo, ma anche di ritornare al teatro musical che mi era precluso contrattualmente e che personalmente, mancava moltissimo.»
La fabbrica del cantante attore, da quando dirigi questa scuola e cosa fai di preciso?
«La “Fabbrica del cantante attore” nata nel 2006, non è propriamente una scuola bensì un corso didattico da me pensato e creato per chi vuole specializzarsi nelle due discipline da me più conosciute e dunque la discografia e il teatro musical. All’interno del corso triennale in pratica insegno soprattutto “i trucchi del mestiere” per poter essere dei robusti e concreti mestieranti e per poter iniziare un percorso lavorativo veramente impregnato, non solo di tanta bella teoria, ma soprattutto di pratica nei due difficili campi di cui sopra. Non creo “pop star” o “divi” ma come li definisco io, umili e solidi operai del settore perché intanto impongo tanta gavetta e preparo per provini e performance di vario stile e genere; poi, do le coordinate tecniche e pratiche per ogni “imprevisto del mestiere” e sono nozioni molto personali, molto mie… sono quelle cose che di solito nessun insegnante ti racconta ma tiene per sè!!! Io, mi sono data completamente e infatti chi esce dalle mie lezioni si sente strutturato e protetto e pronto per spiccare il volo. Inoltre, seguo personalmente la produzione dei più meritevoli e talentuosi e non abbandono mai un mio ex allievo anche dopo anni!! Mi piace insegnare, è una missione!!!!»
Sei da sempre autrice di brani, quando è iniziata, qual è stato il tuo primo brano scritto?
«A parte gli anni con i Matia Bazar dove ero solo interprete, ho sempre scritto come già dicevo, fin dai miei esordi. La mia penna è stata sempre abbastanza prolifica ma ha subito grandi mutamenti di stile nel corso degli anni. Oggi, posso sicuramente dire di essere molto più matura nella scrittura di alcuni anni fa e lo si può evincere ascoltando il mio primo recente album di inediti “Stato di grazia”, dove c’è proprio l’evoluzione creativa della mia essenza di cantante e autrice sia delle musiche che delle liriche.
Credo però che il mio primissimo brano risalga alle scuole medie e lo composi con la chitarra. Me lo ricordo ancora, si chiamava “Anymore”, era dedicato a un ragazzo di cui ero innamorata e non corrisposta (come al solito “ahahahah”), ed era in inglese. saprei ancora cantartelo. piaceva molto alle mie allora compagne di scuola!!!!
Oggi mi alletta scrivere non solo per me stessa ma pensando ad altri artisti e questa è la sfida nuova che mi sta facendo molto gola: quella di riuscire a dare i miei brani ad altri colleghi, scrivere pensando alle loro peculiarità. Molto stimolante.»
Il tuo ultimo album Stato di Grazia è interamente scritto da te, qual è stata la gestazione, e l’emozione che hai provato riascoltandolo finito…
«Stato di grazia è il frutto di una grande tribolazione interiore dopo una “tranvata” umana e lavorativa, dopo una grossa sofferenza e una frattura della mia intera esistenza. Dovevo “rinascere dopo la morte” e ci ho messo un po’ …per resuscitare!!!(ahahahaah)
Mi è servito tempo per leccarmi le ferite, tanta concentrazione e amor proprio e soprattutto la fede che mi ha tirato fuori da un vortice non certo positivo in cui ero finita. È il disco della “quiete dopo la tempesta”, del “buono dopo il cattivo”, “della luce dopo il buio”.
Ogni canzone è un inno al rinnovamento spirituale ed è dunque un disco impregnato di Dio e dedicato alla Vergine Maria che ha permesso la sua gestazione e realizzazione e che mi ha infuso tantissima linfa creativa, come non credevo potessi nemmeno avere. Per due anni e mezzo ho scritto in maniera continuativa e molti brani non sono potuti finire nel disco finale che è la scelta della “creme”. Sentirlo “finito” è stato liberatorio, ho come spurgato tutto ciò che dovevo dire e far sentire e che avevo dovuto tacere e implodere per troppo tempo. Inoltre volevo che suonasse “internazionale” e a questo ci ha pensato il magistrale missaggio di un grandissimo ingegnere del suono mondiale come Steve Lyon (Depeche Mode, Cure, Tears for Fears, ecc…). è un lavoro di grande onestà intellettuale e di sentimento; soprattutto, senza sovrastrutture, limitazioni o mistificazioni.»
Album arrangiato dal grande Paoluzzi, parlaci del tuo incontro con lui…
«Mauro Paoluzzi mi è stato presentato dal produttore dell’album Nando Sepe. Io conoscevo entrambi per fama ma non avevo mai lavorato con loro. Ci siamo incontrati casualmente tutti e tre e credo sia stato un incontro voluto dal destino. Tu pensa che il giorno prima di conoscermi, a Mauro era stato messo un bigliettino nel taschino della giacca col mio nome e numero di telefono suggerito da un nostro conoscente in comune, pazzesco… mi ricordo quando me lo raccontò e ci guardammo attoniti. Mauro è un grande maestro, uno che suona bene qualsiasi strumento e che ha molto gusto e imprinting rock nelle vene. Ha dato un sapore estremamente “cool” ai miei brani arrangiandoli sapientemente come solo una “vecchia volpe” del mestiere poteva fare!!! E devo dire che molti pezzi li ha resi ancora più forti degli originali proprio con quella sua straordinaria dote di saper vestire bene e non essere mai banale. Sono grata a lui e a Sepe per tutta l’operazione a mio avviso riuscitissima ma devo anche ringraziare chi con me ha fatto tutta la pre-produzione e cioè il mio collaboratore di sempre Giordano Tittarelli a cui devo tantissimo in stima e affetto.»
Una voce come la tua è un po’ penalizzata in Italia, non viene riconosciuta a livello nazionale con un successo da star, colpa dei mass media? (programmi musicali inesistenti e passaggi radio “a raccomandazione”).
«La mia voce è penalizzata, non certo nel musical, dove grazie al cielo c’è opportunità di farsi sentire facendo provini e riuscendo a convincere critica e pubblico. Non so perché non sia ancora accaduto nella discografia, ma se avessi la risposta forse avrei anche la soluzione (ehehehehe)… A parte gli scherzi, credo dipenda da moltissimi fattori tutti insieme che trattare in questa sede sarebbe inopportuno perché dovrei scrivere una specie di “saggio” e dovreste pubblicare la mia intervista a….fascicoli settimanali!!!(ahahhaha)….
O forse trattasi solo di un fattore unico, di una cosa che molto volgarmente (permettetemelo almeno una volta), si chiama “culo”. In questo settore benedetto, il fattore “c” è più importante dell” Xfactor”, del talento come si diceva una volta, ma io non demordo e vado avanti, perché ho imparato che tutto può accadere in un secondo, che tutti siamo importanti e nessuno indispensabile e che la ruota può sempre girare. Sicuramente sono una di quelle voci che all’estero avrebbe avuto più credito, ma sono nata in Italia e qui sono sempre rimasta. Ma mai dire mai, in nessun senso, ripeto…»
Quali sono gli inizi di Roberta, facevi pianobar, provini…
«Io sono figlia degli anni ‘80 e della provincia. C’era poco e niente se non tanta buona volontà e la mia” capatosta” di voler emergere dalla ruotine quotidiana e dalla mediocrità. Solo che a casa mia nessuno si occupava di musica, ero la classica “brava ragazza” e ho cominciato tardi a capire che potevo spiccare il volo lasciando i piano bar e i localetti di provincia.
C’è voluta purtroppo la morte di mia madre nel ‘95 a darmi una scossa. E in poco tempo mi sono trasferita a Milano che mi ha fatto comprendere quanta gavetta dovessi ancora fare, ma mi ha anche dato subito delle chance: l’incontro con Mario Lavezzi, mio primo produttore, e l’avvio al musical nel ‘99 con “Rent” . Da lì sono partiti, in entrambi i campi, i miei due risvolti artistici, oggi ben noti.»
Quando non lavori, quali sono i tuoi hobby?
«Quando mi viene fatta la domanda sugli hobbies ho sempre un momento d’impasse, in cui penso che inventerò qualche cosa di straordinario o molto originale perché purtroppo io non credo di avere una grande rosa di scelta da offrire in tal senso a chi mi sta ora leggendo. La musica è il mio hobby e rimane sempre la costante della mia vita sia che la faccia per me stessa o per altri, sia che la insegni o …la sogni!!!! Il mio mestiere è anche il mio miglior divertimento, ecco tutto.
Se proprio devo rispondere dell’altro ti dirò che mi cimento saltuariamente e con discreti risultati nel decoupage, nell’uncinetto e maglia ai ferri (come una vecchina eheheh), e che mi piace molto il cinema per cui, appena posso, vado o mi vedo un film. E poi sono una di quelle che durante i mondiali di calcio o di qualsiasi altro sport, o le Olimpiadi, è capace di fare le ore piccole e vedermi tutto e, urlare a più non posso se vince l’Italia!!!! Ah…dimenticavo… non so se sia un hobby…ma amo mangiare i dolci e la cioccolata resta una grande, irrinunciabile….passione!!!»
Dopo Romeo e Giulietta cosa succederà?
«Non sono una maga e dunque non posso prevedere con la sfera di cristallo e non amo nemmeno tanto pormi questo genere di domande…che farò dopo Romeo e Giulietta… non lo so, perché intanto non è finita e dunque ora sono concentratissima a pensare a questo meraviglioso spettacolo che mi sta dando grandi soddisfazioni e voglio onorare al meglio l’impegno preso con chi mi ha dato fiducia. Dopo di che si vedrà, nel senso che tutto può accadere, magari divento improvvisamente un’astronauta, o mi faccio suora!!!!(ahahahahah) …ciò a dire che non faccio piani per il futuro anche perché di solito tutti i lavori che mi sono arrivati sono nati casualmente e, quando meno li aspettavo o progettavo per cui…. però se proprio devo sognare, ti dico, che io non ho ancora lavorato all’estero e questa cosa manca al mio lungo curriculum, chissà se un giorno potrò esaudire questo desiderio.»
Stai preparando un nuovo album? Puoi anticiparci qualcosa?
«In realtà sto scrivendo ma non so se per me o per altri, stanno nascendo dei nuovi brani e non so mai se poi li canterò o li darò ai colleghi. Il mio “Stato di grazia” è un album troppo recente per poter già parlare di un nuovo cd ma se proprio volessi mi piacerebbe fare un tuffo nel jazz e regalarmi un disco un po’ diverso dalle solite corde rock, o forse no, sogno da anni una collaborazione con i Toto e soprattutto con Steve Lukather, (mio amico che sto coltivando come una piantina preziosa da tempo); ma si sa, sono delle star mondiali e tanto impegnate in milioni di collaborazioni e progettualità. Ma io non demordo, prima o poi gli strapperò …un assolo di chitarra!!!…me lo ha anche promesso e siccome è un galantuomo…»
Musica preferita?
«La musica che preferisco è… quella bella!!!!! Non ho limiti o schemi in questo senso e cerco di ascoltare un po’ di tutto e vado sempre a gusto, a brividi, a pelle, a istinto, infischiandomene di recensioni o mode varie. Avendo la “paletta” che grazie a Dio mi funziona, mi faccio sempre personalmente l’idea di cosa secondo me è buono o no;
sicuramente non disdegno di sentire ciò che di nuovo può arrivare, ma se devo essere sincera io non avverto in giro una grande creatività e innovazione. Per cui spesso mi rifugio nel passato e nei “classici” che hanno formato la cultura della mia generazione, sono una che crede che nel campo delle sette note ” il meglio sia già stato scritto” !!!…Scusate se sono un po’ pessimista, ma se ancora sento gli Steely Dan o i Toto o i Genesis o i Police (tanto per fare alcuni nomi), un motivo ci sarà!»
Ultimo libro letto e quello che ami di più?
«L’ultimo libro sul mio comodino è il “Diario di Suor Faustina Kowalska” che è ovviamente un libro religioso che accompagna soprattutto le mie preghiere pre-sonno a fine giornata. Ne ho ricavato tanti spunti di riflessione e lo posso considerare quasi un secondo vangelo. Io sono credente, lo si sa e non nascondo certo il mio attaccamento alla fede. Ultimamente, nel frattempo, ho riletto “I Sonetti di Shakespeare”, libro che ci regalò Giuliano Peparini qualche mese fa e questo mi ha permesso di capire ancora meglio il mondo dell’autore di Romeo e Giulietta e tutta la sua straordinaria creatività.
Però, non ci crederete mai, ma sono una grande appassionata di criminologia e nella mia personale biblioteca non manca quasi nulla a questo proposito e in particolar modo letture sui serial killers. Questo perché sono sempre stata affascinata dalla mente umana e i suoi “strani sentieri”. Infondo così, cerco di alimentare e sondare come meglio posso le due cose fondamentali che mi interessano maggiormente nell’essere umano: l’anima e la mente.»
Dopo Napoli il tour proseguirà per:
Torino, PalaOlimpico – dal 7 all’11 maggio
Firenze, Mandela Forum – dal 14 al 18 maggio
Arena di Verona – 23 e 24 maggio