Roberta Di Lorenzo è una cantautrice che ha lavorato con Eugenio Finardi e Sonohra, tra gli altri. Il suo nuovo brano Esaurimento da Web è però lontano dalle collaborazioni impegnate che l’hanno fatta notare negli ultimi anni. È una vera presa in giro, gustosa e con grazia, del mondo di Internet.
Esaurimento da Web, disponibile in digital download e su tutte le piattaforme streaming da venerdì 17 gennaio, è composto e arrangiato dalla stessa Roberta e prodotto da Raiser Produzioni Musicali. Tratta la tematica molto attuale dell’impatto che i social network e il mondo del web in generale hanno sulla società e sui giovani in particolare. Il brano è pop, fresco e divertente e a noi è parsa una sfida a un mondo, quello dei social, che ormai fa parte (anche troppo) della vita odierna. Dopo aver visto il divertente video in cui la stessa cantautrice si traveste interpretando stereotipi del mondo web (dal nerd all’emo, dalla giovane femme fatale alla ragazzina un po’ superficiale che “posta, tagga, commenta e condivide” tutto il giorno) abbiamo deciso di intervistarla.
Roberta, il tuo video ha avuto attenzioni da parte di seriosi quotidiani come La Stampa. Esaurimento da Web è un gioco o è una denuncia?
«Io prendo in giro. Quello che ho fatto è stata un’esaltazione caricaturale dei dipendenti cronici di internet. Quello che sono assuefatti, riconosco che sono la prima a farne uso, infatti nel video siamo in 5 è anche un’autoanalisi perché sono coinvolta come tutti in questo nuovo modo di comunicazione che è specchio dei nostri tempi. È interessante vedere come modifichiamo le formule di comunicazione. Meno interessante constatare la dipendenza.»
Proprio oggi che i nuovi musicisti elogiano il web tu lo critichi. Controcorrente?
«Ma non è detto che dobbiamo fare solo quello, appellarci a quanto è libero internet. Siamo tutti entusiasti a scovare ultime proposte e tendenze sul web ma poi, per esempio, nella musica chi è in grado o ha voglia di veramente andare a seguire dal vivo ciò che vede sul Pc? La grande vetrina è un mezzo efficace, si sono invertiti un po’ i poli, la gente usciva dai concerti esausta e decideva se comprare i dischi. Adesso abbiamo piattaforme digitali dove la musica, la canzone è il bigliettino da visita e da lì andiamo a cercare i nuovi talenti. Ma dobbiamo riconoscere che la Rete è assolutamente intasata di materiale, è più difficile scovare talenti, sono nascosti in mezzo a un mare di proposte.
In realtà, conoscendo un po’ la tua storia, tu vieni da un passato di cantautorato non propriamente impegnato ma attento al sociale.
Non penso di avere più o meno talento di altri perché ho attenzione rivolta al sociale , è un lato della mia musica a cui non rinuncio, perché non bisogna fare solo intrattenimento, l’artista ha obbligo di far pensare. Io personalmente mi ripeto sempre che voglio sollecitare ma non far cambiare idea a chi mi ascolta.»
In cosa credi?
«Credo ancora nel movimento del pensiero e del cambiamento, sono nata nell’80, ho un bagaglio culturale che attraversa gli anni Ottanta e Novanta. Ma quelli che mi hanno più formato sono stati gli ascolti dei cantautori che venivano prima della mia nascita. Ho ripescato i vinili vecchi mentre ascoltato il Brit Pop degli anni novanta. E contemporaneamente sono stata universitaria a Firenze, quindi in quegli anni, attorno al 1998 mi confrontavo con tutti gli ideali di quella generazione. Dal 2001 sono invece approdata a Torino.»
E la tua preparazione musicale su cosa si basa?
«La base di tutto è la musica classica, Beethoven, Chopin, a casa c’era amore per ascolto, poi la passione per il cantautorato italiano. Credo che istintivamente mi rivolgo a persone che hanno il mio stesso bagaglio, i nostri ascolti in gioventù ci entrano dentro, il mio primo disco l’ho fatto con Eugenio Finardi ed è stato il coronamento di un percorso. Allora con la canzone Antigone parlavo della figura di donna che rivendicava i suoi diritti, non era sul femminismo ma sul recuperare la dignità di donna in un clima politico dominato scandalo della D’Addario. Dopo ho scritto della tematica spirituale, sull’esistenza di Dio, e ho scritto una canzone proprio per Finardi per Sanremo, allora diretto da Gianni Morandi. Lui l’ha sentita e ha detto: “Bella canzone, portatemi Eugenio”, e così siamo saliti sul palco così entrambi in modi diversi.»
Chi è il tuo pubblico?
«Mi assomiglia in qualche modo, ho la fortuna di avere pubblico attento, sanno che hanno a che fare con una che ama le piccole dimensioni da club acustico, spesso suono in quartetto musica d’ascolto, ho fatto aperture per Finardi, ho lavorato ai testi dei Sonhora. Non faccio musica chiassosa, le mie canzoni nascono da piano o chitarra.»
Credi che cambierai col tempo?
«Cosa vuoi che ti dica? Diventerò la Guccini della mia generazione? In verità non so se affronterò politica o altre tematiche sociali, ma sono sicura che le cose che mi stanno a cuore cercherò sempre di portarle alla ribalta. Un tema attuale crudo che ci indigna è quello della violenza via web per esempio, ma dovremmo fare qualcosa di educativo o prevenzione perché si fermi. C’è una pornografia del sentimento dell’emotività, non si ha più pudore , non sono una moralista ma una che osserva i fenomeni che cadono nel patologico. A volte le pagine dei social network si usano per tirar fuori quello di cui ci vergognare, ma a questo proposito quanto si fa contro la violenza? Bisognerebbe trovare modi virali non per parlare di un tema ma per modificare la coscienza.»