I Dirotta Su Cuba sono stati un fenomeno jazz pop italiano 20 anni fa. Avete letto bene, sono stati proprio loro, Simona Bencini (voce), Stefano Di Donato (basso) e Rossano Gentili (tastiere) a portare quel genere che all’epoca si chiamava acid jazz e funk disco sulle nostre radio. Gelosia, Liberi Di, Liberi Da, Dove Sei e tanti altri pezzi sono stati dei classici radiofonici per tanti anni. Poi la pausa (Simona è stata apprezzata solista per 10 anni) e ora una reunion con un nuovo album Studio Sessions Vol.1. Ne abbiamo parlato proprio con la cantante e il bassista in occasione del lancio del disco.
Quando vi siete esattamente riuniti e perché?
Stefano: «Siamo stati lontani gli uni dagli altri perché anche noi abbiamo subito pressioni all’epoca della nostra militanza in una major. Poi nel 2009 ci è tornata voglia di fare concerti. E l’anno scorso, con un sold out triplo a Umbria Jazz, abbiamo portato in giro live il nostro primo disco riarrangiato. Da lì siamo ripartiti per incidere qualcosa di completamente nuovo».
Il disco contiene pezzi vecchi e sei nuovi. Come bilanciate il repertorio?
Stefano: «Ci sono canzoni come Gelosia che se provi a ritoccarle…devi essere molto attento. Simona: Abbiamo voluto evitare effetto cover di noi stessi invitando dei grandi musicisti a fare degli interventi. Così anche i classici sono evoluti verso qualcosa di diverso. I Neri Per Caso, Mario Biondi, Fabrizio Bosso e tanti altri».
Andrete avanti con questa nuova avventura?
Simona: «Ma certo, siamo già al lavoro con la seconda parte di Studio Sessions, il reponso da parte del nostro pubblico è stata fantastica. Negli anni di carriera solista mi ha rafforzato il fatto di essere esposta in prima persona e non ho rinunciato a prendere applausi e schiaffi».
Stefano: «Nelle sessioni in studio in cui ha cantato Simona c’è stata davvero libertà, per il puro piacere di farlo. Lei ha provato davvero tutto quello che voleva. Il disco è prodotto e arrangiato da noi e quindi ci prendiamo le responsabilità».
Che rapporto avete oggi con i testi?
Stefano: «Noi siamo figli di un tipo di espressione che è legato al tasto emotivo della musica italiana. Gli Earth Wind And Fire ti possono stupire ma mai commuovere, invece noi siamo necessariamente legati all’italianità dei testi. Nel nostro repertorio ci sono anche delle ballad che vorremmo ritirare fuori, e magari nei prossimi live non le sacrificheremo più di tanto».
Simona: «Io un giorno voglio fare un concerto solo di ballad. È l’altra faccia della medaglia, la situazione a volte dal vivo ti obbliga a fare scelte più per la parte funk che quella romantica. E i fan che hanno ascoltato tanto i nostri dischi, sono molto legati. Ci scrivono, come Paolo, un nostro fan che ci scrive e ci chiede ancora oggi cosa è che ha ispirato quelle canzoni».
Quello che funziona nel 1994 funziona ancora oggi?
Stefano: «Gli artisti hanno un loro linguaggio che possono cambiare. Ma se sei Baglioni o Jovanotti possono farlo linearmente anno per anno. Ligabue non me lo immagino. Hai una forte personalità? E quindi il tuo disco è riconosciuto e se ci mettiamo a cantare cose alla Carmen Consoli non funziona. Jovanotti guarda avanti ma non fa mai passi grandi, lui è uno bravo e si potrebbe permettere grandi cambiamenti e non conviene spiazzare, perché poi arrivano le mazzatte. Il singolo Sei Tutto Quello Che Non Ho è molto degno rispetto a tante altre cose. È più valido per esempio di tante cose nostre del passato che hanno avuto più successo».
Cosa vi ha spinti a chiamare Fabrizio Bosso?
Stefano: «È inafferabile perché è molto impegnato ma è stato il primo a spedirci il materiale. In questo genere siamo partiti dai migliori, tenendo in testa che è comunque musica leggera la nostra. Simona: Abbiamo scelto musicisti che potessero sentirsi bene dentro. I fiati con noi non hanno altro che divertirsi. Lui ci ha gratificato: cosa mi fate suonare, ci diceva. Ha registrato a Roma, e ci ha fatto i complimenti per il nostro primo disco, che ci ha molto sorpreso».
E Mario Biondi?
Stefano: «Lui dice di essere cresciuto coi Dirotta, è molto bello quello che ha fatto su Solo Baci. Abbiamo pensato ovviamente a lui quando c’era da scegliere un guest su un brano lento. Tutti gli ospiti hanno un piccolo video sul nostro Facebook».
Ma con i Neri Per Caso si è creata una reunion anni ’90?
Simona: «Siamo cresciuti insieme in effetti. Abbiamo incontrato la band anni fa a Roma, ho ripreso i contatti con uno di loro dopo tanto. E quando abbiamo pensato ai cori, con molti arrangiamenti già fatti. E a quel punto, eravamo quasi alla consegna e abbiamo provato a chiedere loro di fare l’intro su Gelosia solo voce che è molto accattivante. E con quell’intro abbiamo fatto il remix di apertura del live».
E Gegé Telesforo?
Simona: «Beh, lui è stato a pubblicare il mio disco solista di jazz, Spreading Love di qualche anno fa. L’ho rincontrato ed è nato un sodalizio, lui seguiva la nostra storia, è appassionato di black music, è un padrino. Ed è stata la sua partecipazione su Chiudo Gli Occhi».
Vi sento appassionati. Un’ambizione?
Simona: «Vorrei provare ad andare all’estero, Parigi, Germania, mi piace viaggiare, anche il culturale tra un concerto e l’altro. Ho bisogno di questa energia dal vivo, è la nostra benzina. Se ci ficchiamo in studio per mesi è molto diverso. Questo disco è stato fatto spalmato tra due anni di vari impegni e nella vita di tutti i giorni».
Stefano: C«erto la magia che c’è con un pubblico italiano non è trasferibile ma si vedrà. È stato un punto di partenza importante questo disco, e ora si può ricominciare a fare progettualità ed esperienze».