Al Teatro San Ferdinando di Napoli fino al 28/1 è di scena Storia di un oblio, spettacolo con Vincenzo Pirrotta per la regia di Roberto Andò.
Merito del regista è stato quello di aver portato per la prima volta in Italia il racconto “Quel che io chiamo oblio” di Laurent Mauvignier scrittore francese molto apprezzato dalla critica.
Il testo della pièce ,monologo a più voci, parla di un fatto di cronaca che ha suscitato scalpore e indignazione, dell’agonia di un giovane che, per aver rubato una lattina di birra in un supermercato, viene trascinato in un magazzino, picchiato fino alla morte da quattro addetti alla vigilanza.
«C’è un momento del monologo – ha dichiarato Vincenzo Pirrotta – che vivo ogni sera con particolare inquietudine e sofferenza ed è quello alla fine dello spettacolo che mi vede assolutamente devastato nel corpo e nell’animo. Io e Roberto Andò abbiamo creduto fosse necessario raccontare una storia come questa attraverso il Teatro che deve avere soprattutto una funzione sociale per aprire le coscienze, non solo di puro divertimento. Il punto che ci fa pensare è quando i vigilantes dichiarano che lo hanno ucciso per divertirsi :questo per me è il vero raccapricciante scandalo!
Si è cercato dopo di spiegarla questa morte attraverso domande e interrogativi vari : era drogata la vittima? Era un senzatetto? Come viveva? . Domande che venivano fatte dai media , dai giornali per cercare di dare un senso a qualcosa di completamente insensato e irrazionale».
Le indubbie qualità artistiche di Vincenzo Pirrotta ,attore, scrittore e drammaturgo palermitano , la sua forte presenza scenica creano una forte tensione claustrofobica in sala ,suscitando nello spettatore forti sentimenti in continua espansione: ne emerge sofferenza per l’accaduto, disperazione , pietà, indignazione, stupore, interrogativi vari.
«Si può morire perché si ha sete? Quanto vale la vita di un uomo? Può la vita di un uomo valere un po’ più di una birra, un pacco da sei? Da dodici? A ventiquattro birre, no, che dici? È troppo?».
Ne emerge uno spaccato fedele della realtà contemporanea dove si dà poco valore alla vita umana in genere e l’assoluta certezza che un uomo non può e non deve morire per così poco.
Vincenzo Pirrotta è un attore in costante crescita che ci restituisce 55 mn di intenso spettacolo , una prova attoriale intensa , un tour de force davvero notevole di immedesimazione fisica, dove il corpo e le sue movenze sono fondamentali. Il suo è un Teatro provocatorio che deve arrivare come un pugno allo stomaco dello spettatore, alla continua ricerca di storie che partono da un grido che può essere di liberazione o una richiesta di aiuto. Nei suoi spettacoli racconta e dà voce agli oppressi, agli umili, agli ultimi, in un Teatro di sperimentazione che va oltre i normali punti di partenza di arcaicità ,di retaggi passati. In Storia di un oblio è stata indovinata la scelta registica del contatto diretto del pubblico in sala con l’attore , facendoci così toccare con mano il lato tenero, intimista e la solitudine esistenziale del protagonista. Volutamente stridente il contrasto tra i colori sgargianti degli opulenti scaffali pieni di mercanzie del supermercato , tra giostrine colorate per ignari bambini, e il triste e misero epilogo( la morte di un essere umano), scaturito da un fatto di modesta importanza( aver preso una lattina di birra), ad opera di persone( i vigilantes) che hanno una errata concezione del proprio potere!
Da vedere e rivedere.