Recensione libro: Il fuoco che ti porti dentro di Antonio Franchini

Angela rappresenta, e non solo per il figlio scrittore, la quintessenza di tutti i difetti dal qualunquismo al razzismo, dall’egoismo all’opportunismo conditi con quella “mezza cultura che è peggio dell’ ignoranza”. Avere Angela accanto significa” dormire su un terreno vulcanico o nei pressi di una fabbrica di esplosivi. Può avere qualche fase di requie, può non succedere niente ma è solo questione di tempo e col passare degli anni i periodi di quiescenza si accorciano e i motivi di scontro diventano sempre più futili, ormai non sono più neanche occasioni, pretesti da afferrare al volo ma faville che viaggiano soltanto nella sua mente. E per incendiare tutto, le basta solo aggiustare la legna nel fuoco perenne che la divora (pag.109). Anche tutti i personaggi comprimari che vivono intorno ad Angela ovvero i figli, i cognati, i due generi e la nuora, le badanti, il portiere e i suoi figli, il pizzaiolo di fiducia, il pescivendolo, gli infermieri e i medici sono tutti costretti a fare i conti con una donna diabolica. E Antonio Franchini a pagina 50 descrive bene il suo stato d’animo quando incontra sua madre: “Questo stillicidio di egoismo e diffidenza mi arriva addosso mattino, mezzogiorno e sera, ogni anno e per anni e anni e lo avverto prima con estraneità e sospetto, poi con estraneità e fastidio, poi con estraneità e rabbia, perché allora sento il sangue ribollire e torcersi i i visceri  e penso: ma io che c’ entro con questa donna?”.

Ma quali sono i motivi che spingono Angela ad avere  comportamenti così ostili e rabbiosi verso tutti e tutto? La guerra che la segna da bambina? Un padre che muore troppo presto e una madre ignorante e anaffettiva soprannominata il Locusto al pari di un flagello biblico? L’ aver sposato Eugenio, troppo distante per cultura ed estrazione sociale? O ancora un irrisolto complesso di inferiorità verso il Settentrione d’Italia quando il figlio scrittore la porta con sé a  vivere a Milano?