Quello che non sappiamo di Dario Esposito (Mea edizioni). Il titolo incuriosisce così come la copertina su cui troneggia un bel punto interrogativo.
Comincio la lettura e ritrovo personaggi di un precedente libro di Esposito, “Il mendicante arabo”, ma i due volumi sono autonomi. Il tratteggio delle bellezze dei luoghi è un tratto caratteristico dell’autore, un volere regalare al lettore una immersione nei posti in cui la storia è ambientata. Non solo paesaggio, anche gli odori, i colori vengono disegnati come in bel acquarello. Sembra di stare sotto agli alberi o nella bella casa del protagonista e con lui si va a pesca, a nuotare ad accarezzare lo splendido cane. Si arriva nel punto cruciale del volume dopo avere goduto, con tutti i sensi, della lettura.
La scomparsa improvvisa di un prete è al centro di questo intrigo dai contorni singolari. Un gruppo di agenti segreti, due dei quali quasi in pensione, devono venire a capo di un vero mistero. Pur chiedendosi perché lo Stato del Vaticano non utilizza l’Intelligence interna, i quattro uomini, molto bravi nell’investigare, cominciano la loro indagine che li porterà in situazioni complesse ed anche alla morte di un componente del gruppo.
Le pagine sono tante, forse troppe, ma scorrono e la storia e le relative sotto storie inchiodano il lettore.
Difficile chiudere il volume per riprenderlo dopo molto tempo perché la voglia di capire qualcosa in più spinge il lettore al volete andare avanti nella lettura.
Ogni giorno ci giungono continuamente informazioni su tutto ciò che accade in ogni parte del mondo. Ogni giorno, però, nel mondo accade qualcosa, ovvero viene impedito che accada, di cui non sapremo mai niente. È il modo più semplice per cambiare o per impedire che venga cambiata la vita di noi tutti.
Questo il senso del libro ma si arriva a ciò dopo una adrenalinica lettura.
Per chi ama i gialli ma vuole anche viaggiare seduto in poltrona consiglio questo libro.
Certo, come detto, ci sono delle lungaggini ma la trama, l’ambientazione ed i personaggi sono efficaci e si può perdonare qualche esercizio di stile di troppo.