Paolo Cognetti scende dai ghiacciai del Monte Rosa per ascoltare la vita del fondovalle fatta di fragilità, rabbia, alcol.
Nel romanzo c’è un personaggio femminile di grande potenza: Elisabetta. Ce ne vuole spiegare la genesi?
«Pochi hanno riconosciuto in questo personaggio qualcosa di Lara de Le otto montagne e di Babette de La felicità del lupo. Questi personaggi mi sono restati nel cuore. Elisabetta mi rassomiglia tanto non solo per il colore rosso dei capelli ma anche per il biancore della pelle. Vorrei precisare che io mi sento uno scrittore di racconti e non di romanzi, forse l’unico è proprio Le otto montagne. Ci tengo anche a dire che Nebraska, da cui trae ispirazione Giù nella valle è il disco della mia vita da adolescente così come lo è stata la letteratura americana. Considero Bruce Springsteen un grande scrittore al pari di Fabrizio De André con la sua Antologia di Spoon River. La letteratura e la musica si parlano. Ho studiato tutti i testi delle canzoni che costituiscono Nebraska e li ho trovati potenti al pari di racconti».
Nel romanzo c’è un incontro tenero tra Betta ed una cagnolina. Come ha creato questa immagine e perché?
«Amo leggere poco opere di narrativa mentre mi appassionano i testi di scienze e quelli che approfondiscono i comportamenti degli animali. Stimo molto Stefano Mancuso che ribadisce l’idea di cercare sempre un’ armonia tra tutti gli esseri viventi e la natura. Forse mi sono ispirato al capolavoro Il richiamo della foresta che erroneamente viene considerato esclusivamente un libro per ragazzi. Vi ho trovato una profondità e una bellezza fuori dal comune. Possiamo paragonare Betta ad una betulla, bianca, acquatica per i suoi bagni nel torrente. Penso alla radice del nome che ha anche a che fare con la lettera greca beta . Penso anche ai panorami russi, pieni di betulle».
Betta riesce a vedere l’ambivalenza della montagna nello stesso tempo magica e solitaria.
«Certo. I miei lettori mi immaginano fermo, stanziale sulle montagne. Avrei voluto viverci ma abito a Milano. Le mie stagioni scorrono in fretta .In un primo tempo ho idealizzato la montagna quale luogo di pace e di solitudine. Poi ho avuto una fase realistica ed ho visto la montagna come un qualcosa che esalta il senso della comunità alla Mario Rigoni Stern e poi ho percepito la montagna come rabbia, alcol ovvero quella descritta da Mauro Corona, spesso sottovalutato. In Giù nella valle ho cercato di inserire tutti i lati oscuri della montagna».
«Purtroppo no ma ho avuto la fortuna di trascorrere un intero pomeriggio con sua moglie Anna alla quale avevo spedito Le otto montagne. Mi ha accolto insieme a suo figlio nella casa di Asiago che io immaginavo una baita di montagna ma che nella realtà è un appartamento semplice e spartano».
Nella vita contano rimorsi e rimpianti?
«Bisogna andare sempre avanti ma non essere ossessionati dal futuro. Vivere nel presente, vivere adesso. Il domani non c’è più e il futuro nemmeno. In questo mi sento buddista, anche se non amo essere considerato tale».
Crede che Giù nella valle racconti una storia “essenziale” perché il libro è costituito da poche pagine?
“«Io non mi ritengo un romanziere. Preferisco anche da lettore i libri brevi che ti inchiodano ad una poltrona per tre o quattro ore. Penso alla fatica che deve aver fatto Hemingway nello scrivere Per chi suona la campana, lui amante dei racconti brevi. Questa è la mia misura. E dopo vent’anni che faccio lo scrittore soltanto adesso ho la sensazione di poter suonare il mio strumento, la scrittura».
A che albero può paragonarsi Paolo Cognetti?
«Ad un larice che cresce verso l’alto e lascia cadere i rami secchi, duro e fragile allo stesso tempo. Ma forse oggi mi sento più simile a una betulla, gentile e con quel candore che mi riconoscono anche i lettori».
La copertina del libro è di Nicola Magnin illustratore e pittore di chiara fama. Che rapporto c’è tra voi due?
«Nicola è il fratello che non ho avuto. Abbiamo entrambi 42 anni, siamo nati con un solo giorno di differenza ed abbiamo gli stessi scrittori di riferimento: Terzani, Stern, Levi».
È stato difficile trovare il titolo del libro?
«No. Sono partito nella scrittura proprio dal titolo».