«La vita è anche in ciò che non si mostra o è in controluce, brilla con la sua purezza nel sì come nel no»
La frase che fa da esergo chiude lo splendido romanzo di Carmen Pellegrino dal titolo La felicità degli altri (Ed. La Nave di Teseo, Collana Oceani, pag.236) proposto al Premio Strega 2021 da Alessandra Tedesco con la seguente motivazione: «Un romanzo sull’infanzia negata, sulle ombre che ci camminano accanto, sulla voglia di essere riconosciuti ed amati. Con una scrittura elegante e raffinata, con riferimenti alla cultura dell’antica Grecia, al mito, alla religione, Carmen Pellegrino racconta la storia di Cloe, una donna che deve fare i conti con l’abbandono dopo essere cresciuta in una casa-famiglia. Ma deve fare i conti anche con la rabbia verso la madre e con il senso di colpa verso il fratellino scomparso da piccolo. Come dice la stessa voce narrante è la storia di un’anastilosi, di un restauro di sé a partire dalle macerie seminate nel corso dell’esistenza. Raccontare il dolore dei bambini è tema delicato, si potrebbe cedere a una narrazione cupa e straziante e invece l’autrice lo fa per sottrazione dando vita ad una storia in cui i non detti pesano più degli eventi narrati». E dopo la lettura del romanzo noi lettori ne siamo convinti e vorremmo che finalmente la piccola Cloe/Clotilde trovi quella serenità che le spetta di diritto per il dolore subito.
Fin dalle prime pagine il personaggio di Cloe ci cattura. Da piccola suscita in noi una tenerezza struggente e da adulta, diventata traduttrice di libri per ragazzi e preda di un insensato matrimonio percepito come una dissipazione di sè, l’accompagnano nell’esplorazione di quel paese di ombre da dove proviene e che le ha negato un’infanzia gioiosa a partire da sua madre Beatrice, resa folle dalla gelosia, da suo padre Manfredi che l’ha sempre ignorata e dalla morte prematura di suo fratello Emanuel. Neppure l’accoglienza nella Casa dei Timidi gestita dal Generale e da Madame riescono a darle un rifugio amorevole. Forse l’unico personaggio che la protegge e che tende a dare risposte alla sua sete di affetto e di attenzioni è il professore T., docente di Estetica dell’ombra dell’ Università di Venezia, città dal ventre amniotico.
La colta narrazione si profila a poco a poco come un grande mosaico dove le voci dei personaggi e i luoghi fanno da contrappunto alle ombre, ai fantasmi ed al silenzio cercato e voluto da Cloe per iniziare il suo lungo lavoro introspettivo e rinascere ad una nuova vita.
«Per quante strade si percorrano, per quante se ne cambino, arriverà il momento di prendere quella via che darà senso alle altre. E non importa dove e perché ti sei perso. C’è un varco da cercare, nascosto oppure sconciamente evidente. Lo attraverserai e ti ritroverai là dove si ricrea qualcosa; senza accorgertene ti troverai in un nuovo inizio».
La felicità degli altri è un romanzo bello e potente che ci trasporta in una dimensione introspettiva molto intima ed empatica ed il lettore è spesso sollecitato a rileggere alcune pagine ricche di citazioni per meglio comprendere trama e personaggi.
Nessun essere umano dovrebbe mendicare affetto ma «il verbo amare non ammette imposizioni, dato che l’amore è un sentimento che sfugge, si inabissa, ricompare e nessuno sa dove zampillerà e non esiste un test attendibile per segnalare se e quanto ne spetti ad ognuno». Ma Cloe nuda dei suoi dolori, inizierà ad amare e a dispensare affetto ed attenzioni a tutti coloro che incontrerà sul suo cammino. Ne siamo certi.