«Una lettura avvincente, un corposo romanzo storico. Il ritratto di un mondo povero e brutale in cerca di riscatto. Giuseppe Catozzella è stato bravissimo». Simonetta Agnello Hornby
L’ultima fatica letteraria di Giuseppe Catozzella è Italiana che vede protagonista una delle più efferate brigantesse calabresi: Maria Oliveiro detta Ciccilla (Casole Bruzio 1841- Forte delle Finestrelle? 1879?), Ed. Mondadori, Collana scrittori italiani e stranieri, pag. 270.
Ecco come l’autore presenta il suo romanzo su Instagram: «Italiana è la storia di una donna che combatte per diventare se stessa, una donna in rivolta che trova la forza di cercare la sua libertà, finché capisce che la fiamma che la abita è inestinguibile e che anche nel mezzo del più rigido degli inverni vive in lei un’invincibile estate. Allora Maria Oliverio sale sulle montagne, va nei boschi, cambia nome e diventa Ciccilla, l’unica donna a guidare una banda di briganti e a combattere per liberare noi oggi. La sua è la storia della nostra rivolta. La sua vita reale, basata sui documenti, è la nostra: il viaggio alla scoperta della sua ribellione coincide con la storia della fondazione dell’Italia e mostra i nostri vizi originari ed anche le nostre virtù».
Nel ricostruire le vicende di tale personaggio molto discusso, Giuseppe Catozzella mescola sapientemente verità storiche e leggende, tratteggia drammi familiari e sete di libertà, immerge il lettore nell’atmosfera difficile post unitaria, accende i riflettori sul fenomeno del brigantaggio e della questione meridionale a tutt’oggi irrisolta, disegna personaggi ricchi di passioni e di speranze.
Noi di Mydreams abbiamo partecipato a un incontro in streaming con l’autore, organizzato da Connessioni per le librerie UBIK.
Il moderatore Nunzio Belcaro introducendo l’autore del romanzo ne sottolinea il titolo, fortemente evocativo di Italiana riferito a Ciccilla, una brigantessa poco conosciuta, riconoscendo a Catozzella l’audacia di scrivere un libro necessario su un personaggio storico così sfaccettato che riesce ancora oggi a dividere sulla questione meridionale e il divario tra il Nord e il Sud dell’Italia.
La prima domanda che viene rivolta all’autore è questa: Come è entrata nella tua vita Maria Oliverio? Dove hai reperito notizie su di lei?
«Molto prima della pandemia ho iniziato a fare ricerche per scrivere questo libro. Mi sono ricordato di mia nonna che mi raccontava, da piccolo , le gesta di una nostra ava brigantessa, passata alla storia come una delinquente. Non vi nascondo che sui social sto ricevendo messaggi terribili, dopo la pubblicazione del libro. Sono stato motivato a scriverlo perché da sempre mi interessa la nascita del mio Paese. Sono nato a Milano da genitori meridionali e ho dovuto da sempre conciliare queste due culture così differenti tra loro. Se vogliamo essere un Paese veramente moderno dobbiamo sanare la frattura tra Nord e Sud. Nello spazio di questa crepa, in quest’assenza, fin dall’inizio dello Stato, si sono inserite le mafie e la corruzione. Io sono in un certo senso figlio di quella frattura La storia di Maria Oliverio ha un carattere nazionale. Mi sono imbattuto in questa donna e ne sono rimasto affascinato. Ho letto tutti i documenti processuali che la riguardavano e gli studi fatti da Peppino Curcio. Più mi addentravo nelle vicende di Maria e più sentivo che esse avevano attinenza con la nascita del nostro Paese».
Come sei riuscito a dare voce ad una donna che appartiene ad un periodo storico diverso dal tuo? «Non c’è una risposta razionale, siamo nel campo dell’arte e di un lavoro di lettura, di documentazione. Mi vengono in mente le parole di Conrad: “Come faccio a spiegare a mia moglie che se guardo fuori dalla finestra sto lavorando?” Ho dato voce ad una donna e sono stato il primo lettore della mia opera. Maria stessa mi ha utilizzato per scrivere la sua storia».
Hai visitato i luoghi che descrivi nel romanzo?
«Conosco bene quei posti, li ho visitati con un mio amico guida turistica, prima del lockdown. Sono dei luoghi ancora incontaminati, poco noti della Calabria. È un territorio magico, si sente una selvaggia magia».
Nel libro, oltre Maria, ci sono molte figure femminili. Ce ne vuoi parlare?
«Mi soffermerei su due in particolare: zia Terremoto e la maestra Donato che sono entrambe fondamentali per la crescita di Maria. Ciccilla fa fatica a staccarsi dall’immagine di sua madre, sempre pronta a piegare la testa, vista come una schiava che, come dire, ha abdicato la sua felicità di donna. Quando Maria va dalla zia comprende che c’è un altro modo di vivere . A suo modo la zia è già una rivoluzionaria: pesca e caccia di frodo e spigola il grano nelle terre demaniali. Maria sente che è libera e vuole diventarlo anche lei. La maestra poi le offre quegli strumenti culturali per comprendere il mondo attraverso la lettura. Maria sfida anche suo padre che le chiedeva: “Perché leggi cose da nobili, pazzi o moribondi?”. Penso che anche l’Italia abbia fatto lo stesso percorso culturale di Maria : da contadina analfabeta a operaia, dalla campagna alla città coltivando un’idea di liberazione. Durante il processo Maria dice una frase indimenticabile: “In verità illetterata non sono”».
Il titolo del romanzo Italiana può avere diverse connotazioni. Quali?
«Sono consapevole di scrivere libri non facili che riguardano spesso il mondo in cui viviamo ma visto da altre angolazioni. Il titolo è scontato o è una provocazione? Non saprei. Penso alla famosa frase di Massimo d’Azeglio: “Abbiamo fatto l’Italia ,ora dobbiamo fare gli italiani”. C’è una complessità ad essere italiani che risiede proprio nella nostra identità nazionale».
La storia di Maria Oliveiro è stata edulcorata?
«Non credo. Maria era una donna violenta e su questo non ci sono dubbi. Uccise la sorella Teresa in modo orribile, con 48 colpi di scure ed in presenza dei tre figli della donna. Tuttavia tutti i personaggi che compaiono nel romanzo hanno sfumature tra il bene e il male».
Maria ha un rapporto quasi simbiotico con la natura che la circonda: si commuove quando un larice deve essere abbattuto, una lupa che l’accompagna ulula alla Luna quando lei ha problemi con il marito Pietro. Nel libro c’è tanta poesia alla Mario Rigoni Stern.
«Si, è vero sono stato ispirato da Mario Rigoni Stern. La natura per Maria è il regno della salvezza e non la puoi tradire senza sentirti tradito».
Scriverai ancora sull’immigrazione?
«Non credo, l’ho già fatto in Non dirmi che hai paura e Il grande futuro».
Cosa abbandona Maria e cosa prende Ciccilla?
«Maria abbandona la paura soprattutto quella di non essere se stessa e la paura della libertà. In questo l’aiuta Pietro Monaco, suo marito, anche lui brigante, che le apre un mondo attraverso l’amore».