«La sfortuna con Franco non ha mai perso un colpo». Giorgio Panariello
Certi libri hanno bisogno di riposare nell’anima di chi li legge per qualche tempo in modo da contenere la commozione e le emozioni che suscitano durante e dopo la lettura. È il caso del bel libro di Giorgio Panariello dedicato a suo fratello Franco, prematuramente scomparso, dal titolo Io sono mio fratello, pag.160, Ed. Mondadori.
Già dal prologo si avverte quello smarrimento e quel senso di colpa di chi è costretto dalle circostanze a dedicare poco tempo alle persone che si amano presi da mille impegni ritenuti importanti, improrogabili ma che lasciano l’amaro in bocca o perché si avverte già un senso di sconfitta, di fallimento nei rapporti interpersonali resi difficili da modi di vivere diversi, quasi opposti con l’accezione manichea del male e del bene, del giusto e dell’ingiusto. Rivedere il proprio fratello sul marmo di un obitorio e riconoscerlo attraverso «la carezza che gli passai sul viso e nel bacio che gli posai sulla fronte» deve essere un’esperienza da non augurare al peggiore dei nemici anche perché: «Franchino era un’anima buona,tutto il male che aveva fatto lo aveva fatto a sé stesso. Lo avevano ritrovato come un animale,anzi con meno dignità, come un sacco di rifiuti tra le piante del lungomare di Viareggio. Non ero pronto,non mi ero preparato. Era Natale, porca miseria, a Natale non possono accadere cose simili». (pag.11).
Giorgio Panariello custodisce una storia che soltanto adesso è riuscito a mettere a fuoco e a rivelare a tutti: lui e suo fratello sono stati abbandonati dalla madre subito dopo la nascita e figli di due padri diversi. Ma mentre lui viene affidato ai nonni che per molti anni considera come i suoi veri genitori, «se non potevo contare sulla franchezza dei grandi, fu la cattiveria dei bambini ad aprirmi gli occhi» (pag. 19), il fratello finisce in un istituto. Gli anni passano e Giorgio si fa strada faticosamente nel mondo dello spettacolo mentre Franco cade nella tossicodipendenza con tutti i problemi che l’assunzione dell’eroina comporta tra cui anche l’internamento nelle comunità di recupero San Patrignano ed Exodus di Don Mazzi.
Franco morirà nel 2011, non per overdose, come si era in un primo momento ipotizzato ma per ipotermia, abbandonato sul ciglio di una strada da alcuni compagni di sventura a soli 50 anni. Eppure Franco aveva lasciato in eredità al fratello Giorgio un piccolo libro di poesie, tutte bellissime, ritrovate per caso come spesso accadono le vicende della vita di ognuno di noi e le poesie erano e sono la testimonianza tangibile di «ciò che mio fratello era stato».(pag.150)
Noi di Maydreams trascriviamo quella presente nel libro, alle pag,150-151 per invogliarvi a leggerlo e a dare questa volta spazio non a Giorgio ma a Franco per «guadagnarsi la benevolenza di noi altri» (pag 31) e riposare finalmente in pace nel ricordo di quanti lo hanno conosciuto attraverso le pagine a lui dedicate.
Non c’è più il sole/In questa notte di stelle,
Per una sposa che sogna…un fiore,una rosa./Una croce di pietà senza speranza.
Stanotte non c’è/Il coraggio ribelle,
Non c’è più il sole/Ma un uomo stanco,in questo triste canto.
E scappi,/lasciando che io muoia per te,
Non c’è più niente da rubare nel cuore/Niente da fare col tempo,
Un lamento pigro/senza tenerezza,senza fine.
Non c’è più il sole,/non una chiesa dove pregare
E riposare le stanche braccia,/ma solo la gioia di tramonti perduti.
Non c’è più il sole, amore mio/Non ho un fratello,una donna,
Ho lasciato nelle loro mani/La voce delle confidenze.
Ora il dolore ,/vive nella solitaria malinconia,
Muore nell’ultima addormentata carezza.