«La lotta alla mafia deve essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire il fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità». Paolo Borsellino
Una vicenda paradossale che, ne siamo certi, sarebbe potuta accadere soltanto nel nostro Bel Paese è oggetto del libro Io posso Due donne sole contro la mafia, scritto a quattro mani da Pif e Marco Lillo, edito da Feltrinelli Serie Bianca, pag. 153.
In soli nove capitoli gli autori raccontano l’intricata storia trentennale, a dir poco kafkiana, di due anziane sorelle di nome Maria Rosa e Savina Pilliu al centro di un contenzioso tra mafia e Stato.
Palermo. Parco della Favorita. Un bel giorno le due sorelle, sono avvicinate da un noto costruttore in odore di mafia che le informa, come la cosa più normale di questo mondo,che la loro casa è di sua proprietà e che devono andare via per far posto alla costruzione di un palazzone di 9 piani. Le due donne denunciano senza alcun tentennamento il sopruso subito e lo Stato impiega ben trent’anni per dare loro ragione riconoscendole vittime di mafia (per poi disconoscerle) e un indennizzo per i danni materiali e morali subiti che però nessuno pagherà in quanto il costruttore nel frattempo è stato condannato e lo Stato gli ha sequestrato tutti i beni. L’Agenzia delle entrate tuttavia su questa somma mai incassata chiede una sorta di pizzo del 3% alle due sorelle Pilliu pari a 22mila e 842 euro.
La vicenda di queste due donne e la loro Odissea viene ricostruita in ogni sua fase nel libro con dovizia di particolari e facendo i nomi di tutti quelli che ne hanno preso parte, nomi e cognomi che fanno tremare i polsi: Bagarella, Brusca, La Barbera, Spatola, Lo Sicco, i fratelli Graviano. Ed accanto a loro : assessori corrotti e collusi, banchieri che prestano miliardi ai soliti noti, avvocati illustri al servizio della criminalità, magistrati e prefetti impauriti. E pensare che le sorelle Pilliu vengono ricevute per ben quattro volte da Paolo Borsellino, l’unico che le ascolta e prende nota sulla famosa agenda rossa, mai più ritrovata, delle loro vicissitudine e del loro numero telefonico.
Il contesto intimidatorio e mafioso risalta in tutta la sua preoccupante voracità che non fa altro che mettere in primo piano l’adamantina sete di legalità di queste due anziane donne che non sono arretrate di un millimetro davanti alle continue intimidazioni denunciate(ben 44!) e ad una vera e propria persecuzione da parte dello Stato.
Pif e Marco Lillo non sono per niente disposti ad accettare il finale di questa storia che ci vede tutti sconfitti e pertanto si prefiggono tre obiettivi che meritano di essere raggiunti per consegnare un mondo migliore alle future generazioni. 1) Attraverso la vendita del libro, rinunciando ai loro diritti d’autore, raccogliere la cifra necessaria per pagare l’Agenzia delle entrate. 2) Far ottenere alle sorelle Pilliu lo status di vittime di mafia. 3) Ristrutturare le palazzine semidistrutte e concederne l’uso ad un’associazione antimafia.
Io posso sottintende sempre un e tu no. Riscriviamo così: Io posso e tu no perché io sono lo Stato e tu no.