Il bellissimo romanzo di Viola Ardone dal titolo Il treno dei bambini (Ed. Einaudi, Collana Stile Libero Big, pag. 236), riscopre una pagina della nostra storia dimenticata ovvero quella relativa ai treni della felicità che il Governo italiano mise a disposizione per una vera e propria rete di solidarietà sostenuta dall’UDI (Unione donne italiane) e dal partito Comunista nel primo dopoguerra. Nei comuni più disastrati si formarono dei comitati che stilavano liste nelle quali i genitori potevano inserire i nomi dei propri figli per strapparli alla miseria e trasferirli per un periodo in altre regioni italiane, in particolare l’Emilia Romagna, le Marche e la Toscana dove era più forte e sentita la presenza del partito.
Il protagonista del romanzo è Amerigo Speranza, un bambino di appena sette anni che lascia i Quartieri Spagnoli di Napoli e sua madre Antonietta per recarsi a Modena dove sarà ospitato da una nuova famiglia.
Amerigo è un bambino sveglio e sensibile che affronta il viaggio con curiosità , ansia e paura. Fino a quel momento ha vissuto tra i chiassosi bassi di una Napoli ferita dai bombardamenti e dalla miseria. Suo padre non l’ha mai conosciuto e sua madre è una donna forte e coraggiosa ma non abituata a dispensare parole buone e carezze. Nonostante i numerosi pregiudizi che aleggiano su quel viaggio della speranza Antonietta decide di far partire Amerigo nella speranza di offrirgli un futuro migliore fatto di scarpe e vestiti nuove e di cibo a volontà. Una volta raggiunta Modena, Amerigo incontra la sua nuova famiglia e scopre un mondo diverso fatto di solidarietà e di abbracci, di nuovi amici, di scuola e di sogni realizzati come quello di imparare a suonare il violino come ha visto fare a Carolina, una bambina iscritta al Conservatorio di Napoli.
Ma quando è il momento di ritornare nella sua città, Amerigo è incapace di riadattarsi a quella vecchia vita e fugge per tornare a Modena.
Lo ritroviamo a Napoli nel 1994 per la morte della madre Antonietta e non mancheranno altre sorprese. Il treno dei bambini mescola sapientemente dolore e dolcezza e fa sorridere e commuovere al tempo stesso. Viola Ardone ci regala un romanzo dalla storia potente e delicata fatta di miseria e riscatto, dignità e solidarietà. Da subito il lettore si affeziona al protagonista e ne segue le vicende con grande partecipazione emotiva.
La scrittura dell’autrice, semplice e fluida, è capace di farci vedere tutti i personaggi che compaiono nel romanzo in modo nitido ed accattivante. Amerigo e i suoi amici, Antonietta, la Zandragliona, la Pachiochia, Capa ‘e fierro, li abbiamo incontrati anche noi nei vicoli di Napoli e Derna, i coniugi Alcide e Rosa e i loro tre figli, il maestro Serafini, ci sorridono e ci salutano tra le nebbie fitte del Nord. Anche il personaggio storico di Maddalena Cerasuolo,detta Linuccia, medaglia di bronzo al Valor Militare per aver partecipato alle Quattro Giornate di Napoli, ne esce ricordato e valorizzato.
Molte le pagine belle che raccontano gli episodi più significativi del romanzo: il lancio dei cappotti dal treno per i fratellini e le sorelline che sono rimasti a Napoli, la mela che mamma Antonietta offre ad Amerigo poco prima della partenza, il violino che Alcide regala al nostro protagonista, gli abbracci e i baci di Derna, la prima biglia che gli viene regalata da uno dei suoi nuovi fratelli, la sfogliatella divisa a metà con Tommasino, il ritorno di Amerigo a Napoli e il suo ultimo incontro con Maddalena. Ma i pensieri più toccanti di Amerigo sono quelli che rivolge a sua madre, al cimitero: «Ho appoggiato il mio fiore sulla tua tomba. Non ho acceso lumini, non ti piaceva riposare con la luce accesa. Il fiore appassirà domani o dopodomani, non importa. Il pensiero di te non sfiorirà: tutti gli anni che abbiamo passato distanti sono stati una lunga lettera d’amore, ogni nota che ho suonato, l’ho suonata per te. Non ho altro da dirti. Non ho più bisogno di conoscere le risposte.[…] Quello che non ci siamo detti non ce lo diremo più, ma a me è bastato saperti dall’altra parte di quei chilometri di stada ferrata, per tutti questi anni, con le braccia strette a croce sul mio cappottino. Per me è lì che resti. Aspetti, e non vai via».
Il treno dei bambini dovrebbe essere letto in tutte le scuole non solo perché porta a conoscenza una pagina della nostra storia dimenticata ma perché attraverso gli occhi di Amerigo rende attuali parole come dignità e solidarietà.