Accanto a Banana Yoshimoto, Haruki Murakami e, perché no? Kazuo Ishiguro troviamo la scrittrice giapponese naturalizzata canadese, Aki Shimazaki, autrice del bel romanzo Il peso dei segreti, Ed. Universale Economica Feltrinelli, pag. 394, traduzione dal francese di Cinzia Poli.
Il volume è composto da 5 romanzi brevi: Tsubaki, Hamaguri, Tsubame, Wasurenagusa, Hotaru ovvero camelia, vongola giapponese, rondine, myosotis (nontiscordardimè), lucciola e va dato merito alla Feltrinelli di aver pubblicato il libro ristampando le copertine originali .
Traendo ispirazione dalla tradizione poetica degli haiku, l’autrice intitola ogni capitolo con un kigo ovvero un elemento naturale che rimanda ad uno specifico periodo dell’anno.
Cosa lega tra loro i 5 romanzi brevi? Innanzitutto i personaggi sono sempre gli stessi e narrano in prima persona le stesse vicende dal loro personale punto di vista, gli avvenimenti storici ai quali si fa continuo riferimento ovvero la seconda guerra mondiale, lo sgancio delle bombe atomiche sulle città di Hiroshima e Nagasaki, il terremoto del 1923, le crudeltà perpetrate ai danni dei coreani che vivevano sul territorio giapponese e, non ultima, la presenza costante della natura nel suo divenire.
Ma quali sono i segreti inconfessabili che pesano sui personaggi? Anche noi lettori potremmo condurre una vita normale sotto il peso costante di un segreto mai rivelato ad alcuno e che ha tuttavia condizionato scelte, relazioni, sentimenti?
Nel primo romanzo la voce narrante è quella di Namiko che scopre che sua madre Yukiko ha convissuto con un terribile segreto ha ucciso suo padre il 9 agosto del 1945, proprio il giorno dello sgancio della bomba atomica su Nagasaki. In una lettera lasciata alla figlia, dopo la morte, confessa il suo crimine e rivela di avere un fratellastro :Yukio. Da questo momento in poi, la scrittura della Shimazaki si presenta come un continuo alternarsi di anticipazioni di fatti che avverranno in futuro e di flashback insistenti ma non per questo, fastidiosi.
Nei romanzi successivi l’autrice dà voce a Yukio a quella di suo padre Kenji, di sua madre Mariko e di sua figlia Tsubaki.
Non è semplice per il lettore tenere il ritmo di questi continui cambi di personaggi e prospettive ma la narrazione procede spedita in modo elegante e poetico. L’autrice sa districarsi con maestria tra le diverse voci narranti mantenendo quel necessario distacco che è uno degli elementi caratteristici della letteratura giapponese contemporanea. Il ricorso a frasi poetiche inserite in capitoli brevi ma intensi non fa altro che confermare questa intenzione. L’uso frequente di termini giapponesi ostacola un po’ la lettura ma viene compensato da un glossario presente a fine volume.
Aki Shimazaki ci conduce per mano a scoprire i segreti dei suoi personaggi e del Giappone con una narrazione sospesa tra tradizione e modernità. Ci sono crudeltà che non possono essere dimenticate ed uno dei pregi di questo volume è proprio quello di averle rievocate alla nostra memoria. Soprattutto nella prima parte Tsubaki i personaggi si interrogano sulla necessità della guerra e sullo sgancio delle bombe atomiche e nelle pagine successive sul conflitto del Giappone con la Corea, di cui noi occidentali, ne sapevamo ben poco.
La Storia è fatta dalle nostre storie personali ma è altrettanto vero che gli eventi storici che non dipendono direttamente dalla nostra volontà ci sopraffanno e ci schiacciano al punto che ciascuno di noi ha un lato oscuro di cui si vergogna e che per niente al mondo vorrebbe mostrare agli altri.
Come sempre, per invogliarvi alla lettura, trascriviamo l’inizio del primo romanzo breve Tsubaki (Le camelie): «Piove da quando mia madre è morta. Sono seduta accanto alla finestra che dà sulla strada. Aspetto l’avvocato di mia madre nel suo studio ,ci lavora solo una segretaria. Sono qui per firmare tutti i documenti relativi all’eredità: il denaro, la casa e il negozio di fiori di cui lei si occupava dalla scomparsa di mio padre….».