Dopo il pluripremiato Svegliami a mezzanotte da cui è stato tratto l’omonimo documentario diretto da Francesco Patierno e candidato ai David di Donatello, Fuani Marino propone ai suoi lettori Vecchiaccia (Ed. Einaudi, pag. 148).
Aprile 2020. L’Italia è nel pieno del lockdown imposto dal governo per arginare i contagi dovuti al Covid. Ciascuno di noi ha dovuto fare i conti con l’isolamento, l’incertezza, l’ansia, la paura di ammalarsi. La scrittrice pubblica su Twitter il seguente messaggio: «Stiamo sacrificando cose imprescindibili come il diritto all’istruzione, la socialità, l’economia di un Paese in nome degli over 75». Da questo momento una serie di repliche indignate e campagne mediatiche che la offendono additandola come esempio di egoismo e ageismo. Anche il suo editore si schiera dalla parte di coloro i quali vorrebbero che cancellasse immediatamente il tweet e bloccare il suo profilo per limitare i danni. “Ma io”, confessa la scrittrice: «ero come sopraffatta dalle mie stesse opinioni e chiunque cercasse di contraddirmi mi mandava in bestia». E proprio questa ostinazione ha permesso la scrittura di Vecchiaccia unita a profonde riflessioni sulla vecchiaia e sulla morte che è la sua naturale conclusione.
Se in Svegliami a mezzanotte, Fuani Marino aveva parlato con franchezza del suo tentativo di suicidio e della sua malattia bipolare, appare ovvio che questo messaggio viene censurato senza appello. Ma , ancora una volta, partendo da se stessa inizia un indagine introspettiva per comprendere i motivi di tanta intolleranza.
L’ autrice racconta questi tempi assurdi dove bisogna mantenersi giovani per forza sottoponendosi ad interventi di chirurgia estetica e praticare sport estremi. Vietato manifestare idee contrarie al comune sentire, lamentarsi degli acciacchi dovuti all’età e soprattutto parlare della morte perché, grazie al progresso e alla scienza, è diventata inaccettabile a qualunque età.
Nei tempi antichi gli anziani erano rispettati ed accuditi nelle famiglie. Erano considerate persone con esperienza e saggezza da tramandare alle future generazioni. Oggi il più delle volte gli anziani sono relegati negli ospizi e si ha quasi vergogna a parlare con loro e a fare propri pensieri ed emozioni. E Fuani Marino si pone importanti domande , le stesse che si pone il lettore: cosa mi ha portato a scrivere quel pensiero su Twitter? Cosa nasconde la mia avversità verso gli anziani? E se la vecchiaccia fossi proprio io? E’ davvero importante vivere a lungo o non sarebbe meglio puntare su una migliore qualità della vita? E ancora: quale rapporto c’è davvero tra la vecchiaia e la morte? Perché non possiamo stabilire autonomamente il momento di morire con dignità? Perché non è stata ancora individuata la parola contraria di ageismo?
Fuani Marino cerca in Vecchiaccia di offrire risposte attraverso la lettura di opere di numerosi autori da Camus a Roth, da Rousseau a Hillman spiegando i dissidi generazionali e le tradizioni di una società come la nostra fondamentalmente patriarcale. E ci parla anche del paradosso della nostra società tecnologica: oggi sono sicuramente più fragili i giovani che non gli anziani perché a poco a poco li abbiamo privati di un futuro sereno.
Altre pagine poi sono dedicate dall’autrice alla propria vita , ai rapporti con sua figlia Greta e suo marito e con le varie collaboratrici domestiche che si sono avvicendate nella sua casa, i farmaci che sono sempre sul suo comodino, il peso di un corpo che forse non si aggiusterà più e che la priva di avere una vita normale.
Vecchiaccia è un libro da leggere perché non è convenzionale e ci parla di cose con le quali dovremo prima o poi fare i conti.